Mentre tutti si immergono, da destra e da manca, in un Paese delirante, nel grande dibattito sui “furbetti” del bonus dei 600 euro, arriva una notizia che aggiunge un’amara “letizia” al ferragosto italiano.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, insieme ad altri sei ministri del suo governo, ha ricevuto un avviso di garanzia. Insomma molti italiani vorrebbero una fetta dell’esecutivo sotto inchiesta e magari sotto processo. Riportiamo la notizia lanciata dalle agenzie e letta timidamente dai telegiornali: “Il presidente del Consiglio Conte e i ministri Bonafede, Di Maio, Gualtieri, Guerini, Lamorgese e Speranza hanno ricevuto una notifica riguardante un avviso ex articolo 6 comma 2”. Un avviso per quale ragione?



Da varie parti d’Italia “soggetti terzi”, cioè diverse persone, denunciano la gestione dell’emergenza Covid. Insomma ci sono  uomini e donne furibondi per quello che hanno passato e sofferto durante la pandemia e hanno fatto denuncia, per conoscere almeno la verità.

Ma la Procura di Roma rassicura subito il premier e i suoi ministri. Come è noto la giustizia in Italia è velocissima, quando vuole. Infatti la Procura specifica: si tratta di un atto dovuto. Nel caso specifico si è fatta una relazione di accompagnamento in cui la Procura “Ritiene le notizie di testo infondate e dunque da archiviare”. Amen e complimenti a “Giuseppe e i suoi fratelli”, in questo caso parodia delirante del libro di Thomas Mann. Occhio, in tutti i casi, a non finire in una fossa!



La cornice della situazione politica italiana appare sempre più grottesca e allo stesso tempo drammatica. Sembra di guardare un paese che ha completamente perduto la bussola, anche se certamente le difficoltà ci sono state, ci sono e si presenteranno al più presto in modo molto più inquietante.

Andiamo con ordine nel “dibattito polverone” di questa estate poco fortunata. Che cosa è esattamente accaduto? Innanzitutto una legge “scritta con i piedi”, che garantiva un sussidio di 600 euro, viene usata anche da cinque deficienti (con tre che riescono ad assicurarsi la somma) del Parlamento italiano e da una pletora di amministratori politici di vario tipo, sia da chi non ne avrebbe bisogno sia da chi invece, facendo il consigliere comunale di un piccolo centro, non percepisce quasi nulla. Chissà quale sarà la realtà.



Chi gestiva tutta la questione era l’Inps, il nostro Istituto di previdenza sociale, di cui è presidente tale Pasquale Tridico. In un paese democratico normale che cosa sarebbe accaduto? Con tutta probabilità, con poche battute si sarebbe corretta subito la legge, si sarebbe notificata una condanna morale senza troppa enfasi ai cosiddetti furbetti e si sarebbe risparmiato un dibattito–tormentone che ha screditato il perno di un paese democratico, cioè il Parlamento. Poche ore e ammissioni credibili, per poi passare alla cose urgenti da fare.

È noto che l’Italia soffre di anomalie e ha una concezione un tantino approssimativa della democrazia liberale. Si viene a sapere che la faccenda è nota al presidente dell’Inps da almeno due mesi e Pasquale Tridico è sembrato più attento ai dati personali di chi gli interessa, che non a quelli dei poveracci che hanno aspettato e ancora aspettano i sussidi per i loro problemi dovuti al coronavirus. In un momento ha pure accusato attacchi degli hackers.

C’ è chi sostiene che Tridico si creda personalmente una sorta di Joseph Fouché, ministro napoleonico, e che abbia aspettato il momento giusto per annunciare questo squallido episodio  rafforzando i referendari favorevoli alla riduzione dei parlamentari. Ma sia per la scontata affermazione del sì alla riduzione, sia per l’effetto ottenuto nell’opinione pubblica, Tridico appare più come una sorta di “Fouché all’amatriciana”, che, alla fine, dopo aver invocato la privacy, dovrà parlare in Parlamento dove molti l’aspettano al varco per mandarlo a casa.

Il risultato finale è una figuraccia degna di essere ricordato nella storia delle istituzioni italiane di questo periodo, come una delle peggiori gaffe della cosiddetta seconda, terza o quarta repubblica.

Già questi due fatti rivelano che non esiste solo una pericolosa pandemia sanitaria da tenere sotto controllo, ma soprattutto in Italia c’è una “pandemia politica”, che sta mettendo a rischio la tenuta democratica, economica e sociale del nostro Paese.

Ripetere con apprensione i dati che si presentano nei conti pubblici, il dramma della disoccupazione e della caduta della produzione è ormai un esercizio mortificante. Ci si chiede, mentre si dovrebbero predisporre i piani dettagliati per ricevere gli aiuti europei, su che cosa punterà l’Italia per risollevarsi da una deflazione che sta diventando devastante.

Appare come un ricordo ormai lontano la convocazione dei cosiddetti “stati generali” e il famoso piano Colao (ma dove è finito?). E siamo alla vigilia del ritorno dalle ferie più corte degli italiani, della riapertura delle scuole e della ripresa a pieno ritmo della produzione per uscire da almeno cinque anni di recessione e da un destino marginale in campo politico  ed economico.

Ma questo tipo di discorsi, di piani costruttivi sembrano sommersi da una pioggia di bonus, da nessuna scelta di modello economico  e di sviluppo possibile e credibile.

La “pandemia politica” di cui è affetta l’Italia prevede invece un altro appuntamento: la nuova candidatura di Virginia Raggi come sindaco di Roma. Sarà la “piattaforma Rousseau” a stabilire seVirginia Raggi possa ripresentarsi o meno.

Noi azzardiamo un sondaggio: la ripetuta candidatura, nonostante l’interesse spasmodico dei media, non suscita alcun interesse per gli italiani. Per quelli che abitano a Roma, può darsi invece che una nuova sindacatura Raggi rappresenti un incubo fatto di spazzatura per strada, trasporti pubblici da brivido, colombi grandi come fenicotteri e qualche cinghiale ambulante.

È possibile che contro la pandemia di coronavirus si sia vicino al vaccino. Purtroppo contro la “pandemia politica” non esiste alcun vaccino.