A 20 anni esatti dalla sua scomparsa – ufficialmente un suicidio, anche se i genitori da sempre si oppongono a questa versione – Marco Pantani sarà figurativamente protagonista di quel Tour de France che un anno prima della sua morte lo rifiutò per via di tutte le accuse mosse contro uno dei più grandi campioni di ciclismo del nostro paese: un’occasione potenzialmente gioiosa e di ricongiungimento, ma che la madre del ciclista non riesce proprio ad accettare. In un’intervista a Le Parisien (citata dall’agenzia Dire), infatti, mamma Pantani – all’anno Tonina – ha rivolto delle durissime critiche contro il Tour de France e contro i suoi organizzatori, accusandoli di aver trattato suo figlio “come una put*ana”.



Tornando con la mente a quel funesto 2003 Tonina non riesce a dimenticare che “Marco era molto arrabbiato” con il Tour de France, che lo trattò – e si scusa anche per il paragone – “come una ragazza a cui viene detto ‘sei una put*ana e lo resterai per tutta la vita‘”; così come rimane fermo nella sua mente il ricordo di un Pantani che “mi guardò negli occhi e giurò di essere pulito e che le accuse per cui era stato sospeso erano false”. Di due cose è certa Tonina: da un lato che il racconto di suo figlio “era vero”; e dall’altro che “soffrì terribilmente per la reputazione che gli è stata data [e] quando il Tour non l’ha voluto è stato terribile. Non l’ha mai superato”.



La mamma di Pantani: “Parlano di suicidio ma so che è stato ucciso”

Ma facendo un esercizio ancora più difficile, la mamma di Pantani salta avanti dal rifiuto del Tour de France fino all’anno successivo, quando il ‘pirata’ venne trovato morto nell’albergo in cui alloggiava da quattro notti a Rimini: era il febbraio del 2004 e Tonina ricorda di aver immediatamente “speso tanti soldi per assumere avvocati e scoprire cosa fosse accaduto. Ho studiato tutto – spiega ancora a Le Parisien – ho visto decine di documenti: le accuse ingiuste e il mistero del suo omicidio“. Già, perché così come mamma Pantani non dimentica la buona fede del figlio a distanza di 20 anno è ancora convinta che seppur la versione ufficiale parli di “suicidio, con un mix di cocaina e antidepressivi (..) mio figlio non si è suicidato. Amava la vita, amava cantare” e seppur fosse profondamente “deluso dalle persone che si occupavano del suo sport, voleva vivere”.



“Voleva gareggiare altri due anni – continua nel suo lungo sfogo Tonina – ma troppe cose gli sono scoppiate tra le mani: la fidanzata l’aveva lasciato” e il colpo di grazia lo diede il rifiuto del Tour de France. “Mi sono arrabbiata quando l’ho saputo. Mi dispiace, ma non perdonerò mai. Il dolore di aver rifiutato [Pantani] non può essere cancellato con un tributo vent’anni dopo” e promettendo – infine – che non mancherà alla partenza del Tour in onore del figlio, sottolinea anche che “non so se sarò lì a salutare i capi. Mio figlio è stato ucciso“, ripete un’ultimissima (almeno per ora) volta.