Siamo nei primi anni ’80, in un paesino vicino Cracovia, nella Polonia comunista. Un thriller dai contorni “politici”, dove alcuni capetti comunisti locali pensano di poter fare quello che vogliono (soprattutto alle donne) e poi insabbiare le inchieste. Pantano è una serie tv in 5 episodi che potete trovare dal 25 marzo su Netflix. È stata prodotta interamente in Polonia nel 2018 dalla una piccola piattaforma locale, la Showmax, che oggi è fallita, segnando di fatto la conclusione definitiva della serie.



Rojst (“pantano” in polacco) è un prodotto pienamente nel solco della nuova filmografia nordeuropea (danese, svedese, soprattutto finlandese), di genere crime, che ha sfornato in questi ultimi anni ottimi film e fiction, promovendo attori straordinari. Sono infatti numerose le serie Tv di successo ambientate in paesaggi molto diversi dalle caotiche città come New York o Los Angeles, luoghi privilegiati dal genere poliziesco. Guardandole veniamo colpiti per prima cosa proprio dai luoghi così nuovi e da attori sconosciuti ma molto promettenti. Possiamo criticare all’infinito il ruolo delle piattaforme digitali globali che ormai hanno soppiantato i palinsesti delle tv generaliste e tolto spazio alla distribuzione tradizionale, ma dobbiamo onestamente riconoscere la loro capacità di offrire a un pubblico mondiale prodotti di alta qualità sempre più legati a culture e luoghi remoti.



La nostra storia si svolge in un’apparente tranquilla cittadina di provincia, in cui succede di solito molto poco. Ma la scoperta di un duplice omicidio all’interno del vicino bosco aiuta a svelare a poco a poco una realtà molto diversa. A cominciare proprio dallo stesso bosco, un luogo maledetto. Proprio lì infatti – appena finita la guerra – si è consumata una pagina terribile fatta di vendette contro gli sconfitti, in primo luogo residenti di origine tedesca. Ma al duplice omicidio ben presto seguono altre morti violente. Vi è però tra di loro un tratto comune: i casi vengono sistematicamente insabbiati dalla polizia locale, chiaramente poco interessata a svolgere indagini approfondite.



Indagini che invece porteranno avanti due giornalisti della gazzetta locale, tra mille difficoltà, minacce e gesti coraggiosi. Saranno essi alla fine a riportare alla luce tutte le trame e i delitti consumati.

La serie ha il pregio di far riemergere – grazie a una certosina capacità ricostruttiva – la cruda realtà del “socialismo reale”, che ormai pensavamo di aver archiviato in fondo alla nostra memoria. Cosa erano i paesi dell’Est sotto il dominio dell’Unione Sovietica e il ruolo egemone svolto dai partiti comunisti rappresentano ancora oggi le ragioni principali dello spostamento a “destra” di questi Paesi, che hanno desiderato per decenni la libertà e che oggi ricordano il dominio “comunista” come una parentesi assai negativa della loro storia recente.

Le abitazioni tutte uguali e disadorne, le tinte fosche, come evoca molto bene il titolo, di ogni ambiente, il clima di sospetto e di minaccia verso chiunque metta in discussione il potere, danno pienamente il senso di una realtà opprimente da cui non resta che fuggire. Cosa che i protagonisti pensano di fare continuamente.

Non potevano mancare nella ricostruzione fotografica dell’epoca le piccole Fiat 126 Special – “Toddler”  in polacco – prodotte in oltre 3,5 milioni di esemplari negli stabilimenti di Bielsko-Biala, che ebbero sulla società polacca lo stesso effetto della 500 in Italia, cioè segnarono proprio in quegli anni il passaggio alla motorizzazione.

La regia è di Jan Holoubek, giovane regista polacco in ascesa. Tra gli attori protagonisti, nei panni del giornalista Witold Wanycz in procinto di andare in pensione, troviamo Andrzej Seweryn, attore polacco naturalizzato francese, preferito da Wajda in tutte le sue pellicole (L’Uomo di marmo, Direttore d’orchestra, L’uomo di ferro, Danton) e con una partecipazione in Schindler’s List di Spielberg.