Paola Comin, addetta stampa degli ultimi dieci anni di vita di Alberto Sordi, ospite di Maurizio Costanzo a S’è fatta notte, il programma in onda lunedì sera su Rai Uno in seconda serata. L’occasione dell’incontro tra la Comin e il padrone di casa scaturisce dal centesimo anniversario della nascita di Albertone, caduto proprio in questi giorni, e che ha ridestato in tanti italiani la nostalgia nei confronti di un personaggio che ha saputo incarnare alla perfezione vizi e virtù del popolo italico. Intervistata qualche giorno fa dall’AGI, Paola Comin ha ricordato diversi aneddoti riguardanti Alberto Sordi. Ad esempio quando arrivavano nei vari hotel di lusso era sempre lei a sincerarsi che dalle tapparelle non filtrasse la luce “perché per la sua irrinunciabile pennichella quotidiana, rigorosamente in pigiama, l’attore voleva il buio assoluto”.



PAOLA COMIN, ADDETTA STAMPA ALBERTO SORDI

Ma dove nasce la collaborazione tra Alberto Sordi e Paola Comin? L’addetta stampa racconta che tutto ebbe inizio nel ’93, quando l’Umbria fiction tv festival per cui lavorava, decise di invitare il grande artista: “Telefonai alla sua addetta stampa storica Maria Ruhle, le spiegai che il Festival voleva omaggiarlo con un premio alla carriera, lei mi invitò a casa sua, per parlarne direttamente con lui”. Emozionata all’inverosimile e pronta a chiamarlo Maestro, Paola Comin si accorse subito che “non ce ne fu bisogno, Alberto mi accolse con una gran risata, mi sembrò di conoscerlo da sempre”. Da quell’ospitata in Umbria nacque una collaborazione durata dieci anni, fino alla scomparsa di Sordi: inizialmente come seconda assistente accanto alla press agent storica Rhule, poi, quando lei diradò i suoi impegni, da sola. Tra i ricordi più cari di Paola Comin c’è quello di una cena a due a Parigi proposta dallo stesso Sordi: “Quando ho iniziato a viaggiare con Sordi ero giovane e sposata, ma la Rhule mi rassicurò: “Alberto è una persona rispettosissima, non confonderà mai lavoro e sentimenti”. Non si è mai sposato, chiarisce, perché diceva che il suo lavoro non gli avrebbe mai permesso di essere un padre attento. E lui amava fare bene tutto”.

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