Paola Turci ricorda il terribile incidente stradale di cui fu vittima: “Ecco cosa accadde”
Paola Turci ripercorre il drammatico incidente stradale di cui fu vittima nel 1993 nel corso di una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Un racconto molto doloroso, che la celebre cantante ha deciso di raccontare nel dettaglio. Tutto accadde il 15 agosto di quell’anno: “Ho un vestito corto nero, e i capelli liscissimi, appena fatti. – ricorda Turci – Guido la macchina della mia amica. Aspetto la telefonata di mio padre: guardo e riguardo il telefono, finché non mi accorgo che è spento. Da lì smetto di guardare la strada”. A quel punto “La macchina sbanda, io riesco a riportarla in strada, sbatte contro il guardrail, si cappotta due volte. In quegli istanti penso: ‘sono atletica, basta che accompagno le botte’”.
Invece pochi istanti dopo arriva l’impatto e inizia il vero dramma per la cantante: “Appena la macchina si ferma sento i capelli tranciati di netto. La prima cosa di cui mi accorgo. I miei capelli lunghi non ci sono più”. Una calca di gente intorno, qualcuno la riconosce, poi la corsa in ospedale: “Io non riesco a aprire gli occhi. In ospedale sento gli infermieri avvisare i medici: ‘c’è una ragazza nera’. Mi avevano scambiato per una ragazza nera, credo perché non si vedeva niente. Il viso era aperto, c’era tanto sangue“.
Paola Turci, la ripresa dopo l’incidente: “Avevo paura di essere vista, giudicata”
Paola Turci chiede ai dottori di non chiamare i suoi genitori per non farli preoccupare. Verrà a sapere qualche tempo dopo che proprio quella notte sua madre aveva fatto una sorta di sogno premonitore: “[…] ha sognato di riprendermi per un capello dalla lavatrice. Sogna che io sono dentro la lavatrice, e lei riesce a tirarmi fuori”. Un mese dopo l’incidente, Paola Turci decide di riprendere il tour: “Dico di stare benissimo, trovo mille giustificazioni ai capelli davanti agli occhi…”.
Paola Turci cerca di mascherare la grande paura che invece ha: “Paura di essere vista, giudicata, di non essere all’altezza. – spiega – Addirittura per strada, se qualcuno, riconoscendomi, mi fissava troppo, io m’innervosivo.” C’è voluto davvero tanto tempo per riuscire a guardarsi di nuovo allo specchio: “Avevo fatto levare gli specchi da casa. Più avanti, con uno specchio piccolo ho iniziato a guardarmi, non tutta insieme. Dal collo in su, salivo: la bocca, il naso, un pezzo al giorno”. E per arrivare a quel fatidico momento, di giorni ne sono passati tanti.