Questa sera durante la diretta di Far West si tornerà a parlare della morte del famoso giudice antimafia Paolo Borsellino che per diversi anni fu al centro di quella che – ad oggi – è stata la più grande inchiesta mai condotta ai danni delle mafie siciliane che riuscì ad assicurare alla giustizia alcuni dei nomi più importanti di Cosa Nostra a partire dal noto boss Totò Riina: un impegno che valse a Paolo Borsellino la stima di un’intera nazione, ma anche l’odio delle cosche mafiose che il 19 luglio 1992 fecero esplodere un’autobomba che uccise sul colpo il giudice e gli agenti della scorta armata che lo seguivano ogni giorno.



Facendo un passetto avanti prima di ricordare chi è Paolo Borsellino, vale la pena ricordare che l’esplosione mortale fu organizzata solamente 57 giorni dopo la morte del collega – al suo fianco per tutta l’inchiesta e il maxi processo che ne seguì – Giovanni Falcone in quella passata alla storia con il nome di strage di Capaci: entrambi da tempo si erano guadagnati l’odio delle mafie e dopo la morte di Falcone a Borsellino fu immediatamente chiaro che presto o tardi gli sarebbe toccato lo stesso destino che poi – purtroppo – si è concretizzato proprio in quel 19 di luglio.



Chi è Paolo Borsellino: i primi anni, l’ingresso record in magistratura e il pool antimafia del maxiprocesso

Ma chi era – quindi – Paolo Borsellino? Per rispondere vale certamente la pena partire dal principio che lo vede crescere in un piccolo quartiere popolare di Palermo dove conobbe già da giovanissimo l’amico eterno Falcone: dopo essersi diplomato al Liceo Classico, riuscì a conseguire a soli 22 anni d’età la laurea in Giurisprudenza, superando il test per entrare in magistratura a soli 23 anni; diventando così il più giovane magistrato che abbia mai operato in Italia, entrando prima della Procura di Mazara del Vallo, poi in quella di Monreale e riuscendo ad ottenere il trasferimento a Palermo solamente nel 1975.



Fu a partire dagli anni ’80 che Paolo Borsellino divenne uno degli uomini in primissima linea contro le mafie, lavorando al pool antimafia all’epoca guidato da Rocco Chinnici sempre al fianco dell’amico (ed ormai collega) Falcone: il 4 agosto del 1983 Chinnici venne ucciso con un’autobomba, ma dall’evento tragico il giudice palermitano riuscì a trarne il meglio catturando Vito Ciancimino e Tommaso Buscetta che divenne l’uomo al centro – grazie al suo pentimento – della maxi inchiesta che portò a definire per la prima volta l’organigramma di Cosa Nostra.

Grazie a Buscetta e a diverse catture eccellenti, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone (ormai alla guida del pool di Chinnici) nel 1986 diedero il via ufficiale al maxiprocesso nella famosa aula bunker dell’Ucciardone: durò in totale – tra i vari gradi di giudizio – fino al gennaio del 1992 con accuse e condanne mosse contro 460 (in parte presunti) mafiosi che si conclusero con quasi 3mila anni di reclusione e ben 19 ergastoli, tra cui quello del boss Totò Riina.