Paolo Borsellino aveva scoperto qualcosa dopo la morte di Giovanni Falcone. Una traccia sugli assassini? La trattativa tra Stato e mafia? Non è ancora chiaro, ma la testimonianza inedita di Maria Falcone, sorella del giudice, aggiunge un tassello importante ad una vicenda ancora oscura. È emersa dai verbali segreti dell’estate del 1992, che erano conservati nell’archivio del Consiglio superiore della magistratura. Tolto il segreto sulle audizioni del ’92, riemergono pagine e pagine con gli sfoghi dei pm di Palermo per le misure di sicurezza carenti, i veleni del palazzo di giustizia e le ultime confidenze di Paolo Borsellino. E possono essere utili per i magistrati di Caltanissetta che stanno provando a scoprire cosa spinse Totò Riina ad accelerare la strage di via D’Amelio. «Paolo era appoggiato a una colonna del chiostro della Chiesa di San Francesco. Era appena finita la messa del trigesimo di Giovanni, mi disse: “State calmi perché sto cercando di arrivare… state tranquilli, ci riusciremo”», la testimonianza di Maria Falcone.
COSA AVEVA SCOPERTO PAOLO BORSELLINO?
I verbali del ’92 sono stati acquisiti dal procuratore generale Roberto Scarpinato, che sostiene l’accusa nel processo d’appello per la Trattativa Stato-mafia. Il passaggio dell’audizione di Maria Falcone risale al 31 luglio 1992, ma la sorella del giudice lo ricorda molto bene. «Paolo mi disse parole ancora più precise: “Sto arrivando a trovare delle cose, altro che Tangentopoli e Tangentopoli”», racconta a Repubblica. Nella sua mente il ricordo di quel giorno è ancora chiaro: dopo la messa per il fratello Giovanni, Borsellino l’aveva portata a vedere il campetto di calcio dove giocavano da bambini. Lei era scoraggiata e lui le disse: «Sto lavorando tanto, state tranquilli». Ma anche l’allora pm Enza Sabatino raccontò di un’indagine delicata di cui gli parlò Paolo Borsellino. «Nei primi giorni di luglio, mi disse che aveva in corso indagini delicate, mi parlò di alcuni pentiti». Il giudice stava interrogando Gaspare Mutolo e Leonardo Messina, con cui stava ricostruendo i rapporti di Cosa nostra con gli apparati istituzionali e il mondo economico.
L’avvocato Fabio Trizzino, legale di parte civile della famiglia del giudice, al processo di Caltanissetta contro il latitante Messina Denaro ha ribadito che bisogna cercare le risposte nei 57 giorni tra le due stragi. «Dobbiamo capire quali informazioni possano essere finite a Borsellino, potremmo iniziare a vedere la finalità preveniva di bloccarlo sul fronte del dossier mafia e appalti», di cui peraltro è tornato recentemente a parlare Alberto Di Pisa.