L’inchiesta della procura di Genova sull’amministratore di sostegno di Paolo Calissano ricostruisce le incursioni da parte dell’avvocato Matteo Minna, che avrebbe portato via all’attore 512mila e 587 euro secondo quanto appurato dal pm Francesco Paolo Cordona. A detta del fratello dell’attore, Roberto Calissano, in realtà sarebbe stato portato via «qualche milione», ma per motivi di prescrizione non è stato possibile contestare gli anni tra 2012 e 2021. Stando a quanto riportato dal Corriere, il tutore di Calissano è accusato anche di circonvenzione di incapace, perché l’attore era fragile e dipendente da psicofarmaci. Minna avrebbe indotto l’amico e assistito a effettuare versamenti a favore della società Autopark, riconducibile allo stesso indagato, e la rilevazione di alcune quote della stessa. La posizione di Minna è aggravata dalla fragilità di Calissano, che era affetto da «da disturbo dell’adattamento con umore depresso, con uno stato depressivo maggiore caratterizzato da insonnia ingravescente, disturbi del senso di percezione, difficoltà di concentrazione, dell’attenzione e della memoria e marcata labilità emotiva, disturbo da abuso di sostanze…».



Il fratello di Paolo Calissano rivela che erano addirittura finiti i soldi per le sue cure: ad esempio, l’attore che era seguito da una clinica svizzera fu costretto a curarsi in una pubblica perché gli fu detto che quella «svizzera gli aveva prosciugato i conti», ma «era una delle molte bugie» che gli furono dette. La prima persona a intuire qualcosa, secondo quanto riconosciuto dall’avvocato Santina Ierardi, che assiste la famiglia dell’attore, è stata la giudice del tribunale di Genova, Anna Berti, perché cinque anni fa si accorse di alcune anomalie: ad esempio, i soci delle imprese di Minna erano i suoi stessi assistiti, quindi ci fu una segnalazione alla procura. (agg. di Silvana Palazzo)

PAOLO CALISSANO, CHIUSE INDAGINI SUL TUTORE MATTEO MINNA

Tre anni dopo la morte di Paolo Calissano, la procura di Genova ha concluso l’inchiesta sull’avvocato Matteo Minna, lo storico tutore dell’attore genovese. L’amministratore, secondo la ricostruzione dei pm liguri, avrebbe raggirato l’attore e altre tre persone, sottraendo nel complesso 800mila euro, di cui mezzo milione solo all’attore. Il legale, finito ai domiciliari, è accusato di tre reati, peculato aggravato, falso ideologico e falsa perizia. Ora emerge che il pm Francesco Cardona ritiene che Minna abbia fatto sparire quella somma, sequestrata dalla Guardia di Finanza.

L’indagine era partita da un esposto della famiglia di Paolo Calissano, la cui morte è stata causata da un’intossicazione da farmaci antidepressivi: i parenti dell’attore, in particolare del fratello Roberto, hanno cominciato a nutrire sospetti per i prelievi di denaro e alcune operazioni economiche. Era stato assegnato un tutore a Paolo Calissano da parte a causa degli strascichi giudiziari legati alla morte per droga dell’amica Ana Lucia Bandeira Bezzerra, vicenda per la quale l’attore patteggiò quattro anni, oltre a un periodo in una comunità di recupero.

NON SOLO PAOLO CALISSANO: “CI SONO ALTRE TRE VITTIME”

Ora l’avvocato Matteo Minna, che in questa vicenda è rappresentato dai legali Maurizio Mascia ed Enrico Scopesi, deve scegliere se sottoporsi a un interrogatorio o se invece depositare delle memorie difensive. Minna conosceva Paolo Calissano da oltre dieci anni, infatti erano amici prima che diventasse l’amministratore di sostegno, occupandosi delle sue finanze. L’indagine però ha accertato che l’attore non sarebbe l’unica vittima del tutore, perché Minna avrebbe sottratto 155mila euro a una donna con problemi di dipendenze e 200mila euro ad altre tre persone, prelevando denaro dai loro conti per trasferirlo sul suo tramite false giustificazioni.

In questo modo avrebbe anche condizionato l’analisi della gestione patrimoniale e della regolarità dei rendiconti che presentava al consulente incaricato dal giudice tutelare di Genova, in riferimento ai suoi incarichi. Questa la ricostruzione dell’accusa, per la quale Minna, che era stato arrestato l’anno scorso, era finito ai domiciliari in attesa del processo.