Paolo Conte, nell’ambito di un’intervista concessa ai microfoni del “Corriere della Sera”, ha parlato di sé a tutto tondo, svelando anche alcuni aneddoti di vita privata. In primis, la sua folgorazione per la musica, frutto dell’ascolto di un’aria di Giuseppe Verdi che “incantandomi, mi ha fatto cadere dal cavallo a dondolo, semisvenuto”. La sua carriera prese ben presto l’indirizzo della canzone e delle sette note: si classificò terzo rappresentando l’Italia nel quiz radiofonico internazionale a Oslo, in Norvegia, anche se, all’inizio, odiava la fisarmonica, in quanto, a quei tempi, “mi sembrava uno strumento troppo popolano, legato al ballo liscio”.



Il sogno della musica lo portò a “dimenticarsi” della scuola (“un anno mi presi sei materie a ottobre”), ma da quell’ambizione sono nati alcuni capolavori del nostro canto, come “Azzurro“, il cui testo fu deposto da Paolo Conte nella bara della madre: “Lei diceva che questa canzone era antica e moderna insieme. L’antico era soprattutto nella musica, come una tenerezza d’altri tempi, e proprio in questo sentimento risiedeva anche la sua modernità: era una canzone trasgressiva nell’epoca beat in cui è nata. Capimmo subito che era una canzone vincente. Rimane una canzone importante per me e non l’ho mai dimenticata”.



PAOLO CONTE: “AL MIO ESORDIO ROVESCIAI IN PLATEA UNA BOTTIGLIA D’ACQUA MINERALE”

Nel dialogo con i colleghi del “Corriere della Sera”, Paolo Conte ha rammentato il suo primo vero concerto, a Verona: “Eravamo nell’hangar di una vecchia funivia ristrutturata. Durante le prove avevo posato in terra una bottiglia d’acqua minerale. Entrando poi in scena, nel buio, le ho dato un calcio e si è rovesciata in platea. Fu comunque un successo”.

Tra le sue passioni ci sono Jannacci (“il nostro cantautore più grande”), l’enigmistica (“la amo fin dall’infanzia, ma niente parole crociate: solo i giochi che contengono l’enigma, cioè i rebus e le crittografie”) e la pittura (“mi piace, è un vecchio vizio nella mia vita, più antico di quello per la musica”). La sua esistenza è finora stata felice, per sua stessa ammissione, mentre l’Aldilà, per Paolo Conte, non ha una forma ben precisa: “Spero in un bel sonno”.