Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, è intervenuto durante la trasmissione radio Giù la maschera, nel corso della quale ha parlato del ruolo che la scuola, spesso vista come un luogo di guerra, ha nella società e, soprattutto, per i ragazzi. In una recente intervista, infatti, ha detto che “la scuola italiana non è un posto in cui fai quello che vuoi. Ci sono delle regole“, in linea con la recente richiesta dei genitori di maggiore severità negli istituti scolastici.



“Le regole di cui parlo io”, spiega Paolo Crepet nel suo intervento, “hanno buon senso. Il buon senso che dice che alle 8 e mezza il cancello si chiude e non alle 8 e 35. Il buon senso di non andare a scuola in costume da bagno. Il buon senso di non sparare ad un insegnante”, intesti come minimo insindacabile, poi “c’è l’autorevolezza, c’è la sapienza, c’è la capacità comunicativa ed empatica che non possono essere uno standard perché esiste un professore che ha più capacità comunicative e meno magari autorevolezza o al contrario. Io”, spiega Paolo Crepet, “non sono per la scuola autoritaria, ma per una scuola autorevole dove se studi sei promosso, se non studi no. La prima cosa che farei se fosse al ministero, sarebbe per esempio allontanare i genitori della scuola. Tutto deve essere un sano confronto tra ragazzi e ragazze che crescono e insegnanti che devono essere pagati di più, che devono essere formati meglio e non scelti con un algoritmo”.



Paolo Crepet: “Gli studenti devono poter trasgredire”

Commentando la recente richiesta, da parte dei genitori, di app che informano in tempo reale sui voti dei figli, Paolo Crepet, duramente, ritiene che sia “una perversione pedagogica. È un modo per dire ai ragazzi non ci fidiamo di loro, e quindi prendiamo il controllo su di loro. Assomiglia un po’ a quella vocazione molto idiota dei genitori che vogliono geolocalizzare i propri figli. I ragazzi e le ragazze devono poter trasgredire. Quindi ho diritto a tentare di andare domani mattina a scuola non preparato”, metodo che serve per “capire i limiti, con delle conseguenze”.



Un’opinione simile Paolo Crepet la riserva anche all’idea di introdurre la divisa, spiegando che “i fautori di questa idea dicono che così i ragazzi e le ragazze sono tutti uguali, che è una balla colossale perché la divisa non copre le scarpe” che sono comunque sinonimo dell’agio familiare. “Questa sorta di ipocrisia per cui bisogna essere tutti uguali francamente io non la capisco. Noi non siamo uguali”, e i vestivi diversi testimoniano “la diversità personale”, perché “siamo unici e neutralizzare questa unicità mi sembrerebbe tempo perso e anche tempo sbagliato”. Similmente, secondo Paolo Crepet la scuola deve essere un luogo per esaltare talenti e tratti personali, ragione per cui ribadisce che “promuovere il 99,9% dei ragazzi alla maturità è un atto empio, premia i cialtroni e penalizza quelli che hanno creduto nello studio, nella formazione. Avere tutti gli stessi diritti è una cosa diversa dall’essere tutti uguali”.