Paolo Crepet riflette sul merito scolastico e sui condoni educativi

Lo psichiatra ed educatore Paolo Crepet, che da sempre commenta e si batte affinché si rifletta maggiormente sulla tematica dell’istruzione, in un suo intervento su La Stampa ha nuovamente parlato del tema, affrontando anche l’argomento dell’introduzione della parola Merito nel nome del dicastero scolastico da parte del ministro Giuseppe Valditara. Proprio in merito a questo argomento sostiene che “non è un giudizio, ma una legittima valutazione” che la scuola non dovrebbe ignorare.



“Credo in una scuola in cui chi vi lavora sia valutato”, sostiene Paolo Crepet, “ma ricordo che Luigi Berlinguer si dimise per aver toccato questo argomento”. “Ogni volta che andiamo a un concerto, leggiamo un libro, ascoltiamo un’opinione esercitiamo il diritto di valutazione: perché a scuola non dovrebbe valere?”, si chiede. In merito ai condoni scolastici e al tema del buonismo educativo, Crepet non fa sconti, “è ciò che è stato praticato con risultati terrificanti” tra “abbandono scolastico, 100% di promozioni alla maturità, abbassamento dei livelli di apprendimento“. Sarebbe ora, per l’educatore, che si discuta di più del tema, “troppo importante perché sia lasciato ai soli insegnanti e al ministero”.



Paolo Crepet: “Complimenti a Valditara, sta facendo parlare di scuola”

Per Paolo Crepet, insomma, le varie accuse che si stanno muovendo nei confronti del neo Ministro dell’Istruzione e del Merito, sarebbero fini a loro stesse perché Valditara avrebbe “sicuramente un merito: far parlare della scuola italiana dopo decenni di oblio e sottovalutazione”. Secondo Crepet mancherebbe un ampio dialogo pubblico sulla tematica che, tuttavia, il ministro starebbe riuscendo a ricreare.

“Non voglio pensare che si tratti solo di strategia mediatica o di cura della visibilità”, scrive Paolo Crepet in merito ai discorsi pubblici sulla scuola, che stanno prendendo sempre di più le prime pagine dei quotidiani. “Credo invece che dalla ridefinizione del suo dicastero, al divieto (per la verità già praticato da molti istituti) dell’uso di dispositivi digitali in orario scolastico (che vale anche per gli insegnanti, vero?), dai ‘lavori socialmente utili’ per chi fa il bullo o la bulla, fino alla clamorosa scivolata sul termine ‘umiliazione’, vi sia una visione contraddittoria, opinabile, ma che costringe l’opinione pubblica a riflettere sul tema centrale di una comunità: la formazione e l’educazione delle nuove generazioni.”