È un duro (ma altrettanto giusto ed onesto) attacco quello che lo psichiatra Paolo Crepet rivolge ai genitori italiani – e non solo – dal palco dell’evento Il tempo delle donne che si è tenuto nei giorni scorsi a Milano per volere del Corriere della Sera: un attacco – appunto – rivolto soprattutto contro quei genitori che sembrano aver dimenticato le loro esperienze passate e allevano le menti del futuro (i loro figli) trattandole come fossero degli eterni bambinoni che devono avere sempre una vittoria o un contentino pronto dopo un qualche sforzo.



Partendo – però – da un appello rivolto alle donne, Paolo Crepet ci ha tenuto a ricordare che l’unica vera “rivoluzione” non può che partire da loro stesse che dovrebbero “rifiutarsi di fare le babysitter e le cameriere” inscatolandosi in preconcetti duri da abbattere: “Dovete dire – le ha esortate lo psichiatra – rovesciamo questo mondo perché è troppo confortevole“, prendendosi i posti che gli spettano e inseguendo sogni e ambizioni nonostante le persone che remeranno contro.



Paolo Crepet: “Abbiamo ucciso il gioco ed ora i giovani non sanno più cosa significhi perdere”

Passando subito al suo campo applicativo – ovvero i bambini e i genitori che li allevano – Paolo Crepet è partito dal ricordare che il ruolo più importante di mamma e papà è quello di essere “solo degli istruttori di volo” che forniscano le istruzioni giuste per dispiegare le ali, sbatterle con vigore e raggiungere qualsiasi cosa il futuro riserva ad ognuno di noi; perché l’alternativa è una sola e la vediamo tutti i giorni attorno a noi, in quello che definisce la “distruzione di una generazione” che dovrà – in un futuro neppure così tanto lontano – “governare il mondo”.



Inconcepibile per Paolo Crepet che i bambini “a otto anni non possono soffiarsi il nasino e a 12 – riferendosi ad una recente notizia arrivata dalla Germania – non sanno asciugarsi i capelli da soli”: gesti e norme che lo psichiatra ascrive “alla paura della paura, della morte” che si sta diffondendo e che “una delle cose più scriteriate che si possano avere”. Il nocciolo della questione a suo avviso – infatti – è che “togliere il dolore, l’inciampo della vita, non rende [i giovani] più forti“, ma decisamente più deboli, avallando l’idea che “abbiamo partorito un topolino idiota” riempiendogli la tesa di “ansie” e del pensiero di “non poter fare nulla“.

La reale forza – conclude Paolo Crepet – è nell’essere “abituato a perdere” perché solo così si impara “prendere 4 in italiano [e] a perdere gli amici” e a rialzarsi dando il meglio perché non accada una seconda volta; ma qui entra in gioco il secondo problema, ovvero che “abbiamo ucciso il gioco” e così facendo si finisce per “perdere la prima volta a 38 anni perché ti ha lasciato tua moglie”.