«Farei il vaccino subito sì, però se fossi molto più giovane e dovessi fare figli sarei più cauto»: a dirlo non è un improvvido “negazionista” del Covid o peggio ancora un “no-vax” ma l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli, intervenuto ieri a “Otto e Mezzo” da Lilli Gruber. Nei giorni in cui il dibattito sui vaccini si “spreca” a livello internazionale, con la sfida a distanza tra gli annunci Pfizer, Moderna e AstraZeneca, Mieli sottolinea a suo modo una simile osservazione fatta dall’esperto consulente di Regione Veneto, il professor Andrea Crisanti: «La procedura, anche se io non sono certo uno scienziato, ha avuto qualcosa di sospetto», sottolinea il giornalista nello studio di “Otto e Mezzo”. In primis la perplessità di Mieli parte dall’annuncio delle scorse settimane dagli Stati Uniti: «una casa farmaceutica (la Pfizer, ndr) annuncia che ha fatto vaccino sicuro al 92%, il giorno dopo il titolare di quella casa va in borsa e vende parte delle azioni realizzando un ottimo guadagno».
I “SOSPETTI” SUL VACCINO ANTI-COVID
Ma secondo Paolo Mieli il problema sul vaccino anti-Covid non si esaurisce solo sul “caso Pfizer”: «subito dopo una seconda casa farmaceutica» – la “Moderna” – «annuncia vaccino sicuro al 94,5%, ma il giorno dopo la prima azienda torna alla carica dicendo che il vaccino è sicuro al 95%». E infine arriva un’altra casa farmaceutica, e qui Mieli parla della AstraZeneca che proprio oggi ha annunciato i primi risultati in attesa di validazione delle autorità competenti, «e dice che il vaccino che sta per produrre costerà solo 2 euro» (in realtà saranno 3, ndr). Insomma, conclude il suo ragionamento critico Paolo Mieli «la partita dei vaccini è un insieme dei fatti. È un modo di comportarsi molto frettoloso: se fossi in età di far figli per prudenza aspetterei che il vaccino venga fatto da anziani e adulti, poi vedendo i risultati lo farei». Nella sua lettera al Corriere della Sera oggi il professore di Microbiologia Andrea Crisanti arriva ad una simile conclusione: «io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio, senza dati a disposizione. Non esprimevo così alcun giudizio negativo sulla bontà del vaccino né tantomeno metteva in discussione la validità della vaccinazione come il mezzo più efficace per prevenire la diffusione delle malattie trasmissibili […] La mia dichiarazione sul vaccino pronunciata con schiettezza ha toccato un nervo scoperto. Senza strumenti per controllare l’epidemia a meno di affidarsi a severe misure restrittive e senza una linea di difesa contro una seconda e possibile terza ondata, le opzioni a disposizione sono drammaticamente ridotte».