Salvare i ragazzi e le ragazze vittime di cyberbullismo, affinché non ci siano altri casi come quello di Carolina Picchio. È la missione di Paolo Picchio, che ha perso sua figlia nel gennaio del 2013. “Erano le tre di notte, mi svegliarono i carabinieri. La finestra della sua camera era aperta. In strada c’era un’ambulanza. Capii subito” racconta alle pagine di la Repubblica. “Tutto era finito in un attimo. Il suo sorriso, la sua allegria, la sua voglia di vivere, la sua dedizione agli altri, le nostre notti a guardare le stelle. Quella sera aveva visto il video di cui tutti parlavano e si era spezzata dentro. Le avevano violato l’intimità”. Poi si sfoga: “a volte chiedo ancora a Dio il perché di tanta sofferenza”.
Dopo la tragica morte della figlia Carolina, vittima di un video dato in pasto al web, Paolo Picchio ha girato senza sosta le scuole di tutta Italia, e aiutare i ragazzi è diventata la sua ragione di vita. “Anche salvarne uno solo mi avrebbe dato la forza per sostenere l’assenza di Carolina. Per fortuna, invece, riusciamo a salvarne tanti” spiega. Grazie al lavoro instancabile di Paolo Picchio oggi il nostro Paese ha una legge che definisce con precisione che cosa sia il cyberbullismo e quali sono le sanzioni per chi diventa carnefice online.
L’atroce vicenda di Carolina Picchio e la condanna dei carnefici del web
Carolina era stata vittima di una terribile valanga di odio e insulti scaturiti dopo che un suo video era stato caricato in rete. “A una festa in casa di amici, circa un mese prima, Carolina si era ubriacata. Non lo faceva mai, teneva alla sua salute, al suo fisico, quella sera evidentemente è successo qualcosa” ricorda Paolo Picchio a La Repubblica. “Intorno a mezzanotte le amiche di Carolina mi chiamarono spaventate perché mia figlia non riusciva a riprendersi. La trovai in bagno, priva di sensi. Soltanto dopo la sua morte ho capito cosa era accaduto davvero”. Quella sera, infatti, “Mentre era incosciente in sei avevano mimato atti sessuali su di lei, pronunciando frasi irriferibili, uno di loro aveva filmato la scena, il video postato sul web era diventato virale. Sotto insulti terribili, ingiurie, una valanga di odio”.
Per la morte di Carolina sono stati condannati tutti e sei i carnefici, di cui all’epoca cinque erano minorenni. “Ho capito che mi aveva lasciato un testamento” racconta Paolo. “Occuparmi delle vittime di bullismo. Per un diritto fondamentale: poter navigare in rete in sicurezza”.