CHI È SAN PAOLO VI, IL PAPA AMICO DI ALDO MORO
«Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita»: con queste parole Papa Paolo VI iniziava l’omelia in quel lugubre 13 maggio 1978 per salutare un ultima volta Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana ucciso dalle Brigate Rosse a Roma solo 4 giorni prima. Leader Dc ma soprattutto amico fraterno per San Paolo VI: quell’Aldo Moro raccontato splendidamente da Marco Bellocchio nel film-serie evento “Esterno notte”, in onda questa sera in prima tv su Rai 1. Un Aldo Moro che proprio nel rapporto prima fraterno e poi purtroppo solo “epistolare” durante i giorni del rapimento, vedeva nel Cardinal Giovanbattista Montini un riferimento e una testimonianza di rara e genuina cristianità
Papa Paolo VI, interpretato nel film di Bellocchio da uno straordinario Toni Servillo, venne fatto santo nel 2018 da Papa Francesco dopo un lungo processo di beatificazione e canonizzazione: un Pontificato segnato dalla sfida a distanza con l’epopea di sangue delle contestazioni e dei successivi anni di piombo; un Pontificato in cui il suo ruolo e la sua voce sui temi apicali (dalla cultura della vita al tema del divorzio) lo resero molto amato tra i cattolici ma anche molto contestato dall’intellighenzia atea e di sinistra. In quei 55 interminabili giorni del rapimento di Aldo Moro venne però fuori il carattere inquieto e ardente di risposte del Santo Padre: non nascose tutto il dolore e il disappunto per le tante preghiere rimaste “inattese” circa la liberazione dell’ex Presidente del Consiglio. Ma la sua fede rimase salda, anche nell’indicare all’Italia intera come la testimonianza di bene emersa nei tantissimi stretti attorno alla famiglia Moro potesse valere molto più di quanto si possa intuire. «Ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci!», diceva ancora Paolo VI nell’omelia del funerale di Aldo Moro. Dell’amico Aldo Moro, come ripeteva nelle missive scambiate con l’onorevole democristiano, rapito e ucciso dalla furia ideologica delle BR.
L’IMPEGNO DI PAPA PAOLO VI PER SALVARE ALDO MORO DALLE BR
Dal 1978 ad oggi la storia e la cronaca sul “Delitto Moro” hanno rilevato in più occasioni i tanti tentativi messi in atto da Papa Paolo VI per cercare di liberare Aldo Moro, fino agli ultimi giorni. Mons. Ettore Malnati, che allora frequentava l’entourage del pontefice, racconta come Paolo VI si è offerto lui in prima persona come riscatto per consentire la liberazione dell’amico statista: «Per entrare in contatto con il mondo dei brigatisti, nel tentativo di avviare una mediazione, Paolo VI mobilita fin da subito i cappellani delle carceri italiane», racconta Malnati alla stampa vaticana. Dal riscatto “personale” a quello economico, i tentativi del Papa per salvare l’amico sono frenetici: la linea dura del Governo fu quella di non voler trattare con il nemico terrorista, ma dal Vaticano si tentò fino all’ultimo di avanzare nella trattativa con le BR per somme economiche “montre”.
«Il 6 maggio, tre giorni prima del ritrovamento del corpo, mi recai a Castel Gandolfo con l’ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane don Cesare Curione e padre Enrico Zucca, cappellano anche del Noto Servizio cosiddetto anello, un servizio segreto parallelo: 167 uomini di cui si servirono tre presidenti del consiglio: Andreotti, Forlani e in parte anche Craxi. Incontrammo il segretario di Paolo VI monsignor Pasquale Macchi», spiegava a “Il Tempo” il generale che comandava il Nucleo Investigativo di Roma dell’Arma dei Carabinieri, Antonio Cornacchia. Una valigia con 10 miliardi di lire era pronta dal Vaticano per essere depositata presso le BR ma poche ore dopo da Roma giunge notizia che quel riscatto non poteva essere consegnato. «Che il nostro cuore sappia perdonare l’oltraggio ingiusto e mortale inflitto a questo uomo carissimo e a quelli che hanno subito la stessa sorte crudele», pregava Paolo VI durante il funerale di Moro celebrato il 13 maggio 1978, pochi giorni dopo il “fallimento” dei suoi diversi tentativi di salvarlo.
LA LETTERA DI PAPA PAOLO VI ALLE BRIGATE ROSSE
Ecco qui di seguito lo straordinario documento scritto da Papa Paolo VI e consegnato via lettera alle Brigate Rosse rinchiuse nel Covo di Via Gradoli con l’onorevole Aldo Moro: la lettera è datata 21 aprile 1978 e dimostra la volontà ferrea di San Paolo VI di voler riportare in libertà quello statista che tanto stimava e a cui tanto voleva del sincero bene.
«Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d’avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui, Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di studi, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo.
Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d’un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore. Già troppe vittime dobbiamo piangere e deprecare per la morte di persone impegnate nel compimento d’un proprio dovere. Tutti noi dobbiamo avere timore dell’odio che degenera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova».