Erdogan, che propone la Turchia come mediatrice tra Russia e Ucraina, con Zelensky che va in visita da lui. Papa Francesco, che in un’intervista alla Radiotelevisione svizzera, invita l’Ucraina a negoziare prima che la situazione peggiori. Dopo due anni di guerra, si ricomincia almeno a parlare di una trattativa. Un negoziato comunque difficile, spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Roma La Sapienza, perché presuppone che le parti mostrino un minimo di disponibilità, nei fatti finora mai sufficientemente esplorata.
Il Papa, in un’intervista alla Radio tv svizzera, ha detto che “è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare”, invitando l’Ucraina a evitare la morte di altri soldati e civili e a considerare la mediazione di Paesi come la Turchia. L’invito potrebbe essere accolto?
Ho letto l’intervista del Papa. Non mi pare che la metafora della bandiera bianca possa essere interpretata come un invito all’Ucraina di accettare una resa incondizionata. La linea della Santa Sede è, piuttosto, quella di negoziare una pace giusta e duratura. La diplomazia vaticana, con la sua millenaria esperienza, ha tessuto una tela negoziale la quale, finora, non è stata raccolta dalle parti. Ma un negoziato, non necessariamente alla luce del sole, è necessario e forse, alla luce dello stallo fra le parti, anche possibile.
Erdogan si è proposto come possibile mediatore tra l’Ucraina e la Russia, riprovando a giocare il ruolo che circa due anni or sono aveva portato quasi a un accordo per porre fine alla guerra. A quali condizioni i contendenti accetterebbero di sedersi a un tavolo?
Già due anni fa, Erdogan si era proposto come mediatore e insieme a lui altri capi di Stato, come Macron, che ha incontrato più volte il presidente russo al fine di attenuare le sue pretese imperiali. Per iniziare un negoziato, è essenziale che almeno non ci siano precondizioni inaccettabili per l’altra parte. Da un lato, l’Ucraina ha insistito sulla necessità che la Russia si ritiri entro i suoi confini territoriali internazionalmente riconosciuti, inclusa la Crimea. Condizioni inaccettabili per la Russia, la quale, al contrario, chiede il riconoscimento dell’annessione della Crimea e del Donbass. Ma su queste basi, il negoziato finisce subito.
Lo spazio per trattare allora dove sta?
Ritengo che i possibili mediatori debbano agire in uno spazio molto angusto. Posso immaginare un armistizio, una tregua o una misura provvisoria di un “cessate il fuoco” al fine di esplorare questo piccolo spazio e allargarlo, senza che le parti cedano sulle posizioni di principio. L’allargamento dei margini negoziali potrebbe portare a uno statuto, anche provvisorio, dei territori occupati che non sia una incorporazione nella Grande Madre Russia, né un ritorno alla sovranità ucraina. È anche necessario, per prevenire un ritorno alle ostilità provocate, magari, da qualche “incidente”, un controllo internazionale delle condizioni di tregua, che potrebbe essere sotto il patrocinio del Consiglio di sicurezza ONU e prevedere contingenti militari di Paesi davvero neutrali. Ulteriori allargamenti dello spazio negoziale potrebbero, nel tempo, portare a uno status definitivo dei territori. Ma siamo sul filo del rasoio.
Potrebbe esserci un congelamento delle posizioni attuali sul terreno?
Una possibilità ancora più complicata e labile per avviare il negoziato è quella della guerra fredda fra le parti, le quali manterrebbero le posizioni dei rispettivi fronti militari, ma facendo tacere le armi. In questo spazio, dovrebbe successivamente incunearsi la diplomazia. Una prospettiva labile, perché senza controllo internazionale il rischio di incidenti è molto più ingente.
Ci sono altre condizioni, non territoriali, sulle quali i russi potrebbero cedere?
Lo status della futura Ucraina è certamente il punto centrale. Come precondizione, credo che sia impossibile che la Russia accetti a cuor leggero l’adesione alla NATO da parte di Kiev. È vero che non c’è bisogno del permesso della Russia perché l’Ucraina aderisca all’Alleanza atlantica. Ma sarebbe da irresponsabili propugnare questa soluzione “unilaterale” da parte dei Paesi NATO. Di converso, la rinuncia di aderire alla NATO e l’accettazione di uno status di neutralità protetta da parte dell’Ucraina costituirebbe un passo importante al fine di avviare le ulteriori condizioni di pace.
La comunità internazionale che ruolo può giocare?
La Russia ha aggredito l’Ucraina, commettendo una gravissima violazione del diritto internazionale per la quale la propria dirigenza potrebbe essere chiamata a rispondere sul piano della giustizia penale. Ne consegue che un accordo di pace che preveda acquisizioni territoriali strappate con l’uso della forza possa essere invalido anche in presenza del consenso, estorto con la violenza, dello Stato aggredito. La pace deve essere giusta e questo elemento deve essere accertato dalla comunità internazionale attraverso gli organi delle Nazioni Unite.
Come giudica le dichiarazioni di Macron che non esclude l’invio di truppe occidentali in Ucraina e, invece, l’atteggiamento della Germania che, pur essendo sotto pressione per la fornitura dei missili Taurus, in realtà è il Paese europeo che ha fornito di gran lunga più armi all’esercito di Kiev? Possono essere parole usate per mettere in guardia il nemico e arrivare, se non a una pace, almeno a una non belligeranza?
Credo che la dichiarazione di organi dello Stato francesi sia improvvida: la presenza di truppe occidentali implicherebbe un coinvolgimento diretto nel conflitto, che si trasformerebbe in un conflitto fra Russia e Stati della NATO. La direzione giusta, invece, è quella dell’assistenza militare e logistica, soprattutto se si vuole entrare in un negoziato: non bisogna consentire alla Russia di intravedere la vittoria.
Congelando la situazione com’è, i russi potrebbero accettare di finire la guerra? Oppure quelli da convincere sarebbero gli ucraini?
La situazione sul terreno sembra, sulla base di informazioni giornalistiche, penalizzare l’Ucraina e ciò potrebbe avere un peso nei possibili negoziati. Ma il negoziato si fa lontano dai riflettori e dalle indiscrezioni della stampa. Non c’è bisogno che gli Stati occidentali intervengano apertamente nel conflitto. È opinione comune fra gli esperti che in Ucraina ci sia qualche soldato occidentale, non forse nelle trincee, ma in veste di stratega, consigliere, addestratore, esperto in intelligence, e forse vi sono anche corpi speciali. È anche verosimile che la Russia ne sia consapevole. È lo sdoppiamento dei ruoli, da un lato si fa finta di non sapere, dall’altro non bisogna esagerare. Stessa cosa per la guerra fredda. La cessazione delle ostilità potrebbe operare sulla base di un accordo ma anche di una sorta di accordo tacito, magari negato da ambedue le parti. Potrebbe essere una prospettiva per il futuro. Ma senza una prospettiva a breve termine sul destino, anche provvisorio, dei territori occupati è difficile che le parti depongano le armi.
Alla fine, come interpreta in prospettiva la volontà di Erdogan di offrirsi come mediatore?
Già due anni fa ero scettico sulle possibilità di Erdogan: non è visto come un mediatore affidabile da nessuna delle parti.
La Cina, invece, potrebbe avere un ruolo di questo genere?
La Cina dovrebbe avere un ruolo, ma mi sembra che lo rifiuti perché tutto quello che succede in Ucraina la irrobustisce. La politica dichiarata della Cina è la competizione geopolitica, tecnologica e anche militare con gli Stati Uniti. Si propone come l’alternativa agli USA nella corsa per il dominio del mondo. Di conseguenza, ha tutto da guadagnare dalla durata del conflitto. Da un lato, nel sostenere l’Ucraina, gli Stati occidentali si privano di risorse militari e finanziarie. D’altro canto, la Russia, a dispetto delle ambizioni imperiali del suo presidente, sta per diventare, se non lo è già, uno Stato satellite della Cina, dotato, tuttavia, di armi nucleari.
(Paolo Rossetti)
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