Il papa ama l’Ucraina, e soprattutto gli ucraini (e anche le ucraine, certo!). Per questo ha proposto, ha caldeggiato l’idea di concordare coi russi un “cessate il fuoco” subito, prima che ne restino pochi, prevalentemente all’estero. Prima che, come sembra probabile, Trump vinca le elezioni. Costui ha già detto che non vuole più sostenere militarmente l’Ucraina. E allora, pensate forse che, al di là delle “sparate” del “galletto” Macron, l’Europa vorrà e potrà continuare da sola a fornire armi a Zelensky?



Il papa ama anche la Russia. Come i suoi predecessori ci vorrebbe anche andare. Per ora dimostra il suo amore (scandaloso, secondo alcuni) verso i russi dicendo che anche loro dovrebbero capire che non possono sacrificare tanti giovani. Che converrebbe anche a loro uscire dall’attuale isolamento politico, che lascia loro degli alleati come i cinesi che in prospettiva potrebbero diventare i loro padroni.



Il papa ama anche la povera Europa, che non sembra ricordarsi molto, anzi che sembra aver rifiutato, rinnegato le proprie radici giudeo-cristiane. D’altra parte Gesù ha detto di amare anche i nemici, compresi i figli che si allontanano dal padre. Anche l’Europa, in un certo senso, dovrebbe capire che deve trattare coi suoi nemici, a cominciare da quelli che ha al proprio interno. Non mi riferisco alla massa di immigrati che dice di accogliere e che poi, a parte quelli che scarica sulle organizzazioni benefiche, in gran parte cattoliche, sembra voler destinare a quei lavori “umili” che gli europei rifiutano. Senza contare quel gran numero di immigrati “che non servono”, abbandonati nelle strade, magari al servizio della criminalità organizzata. Mi riferisco a chi, avendo perso la propria identità, i propri ideali, oggi sta lottando solo per il proprio benessere.



Il papa ama anche i cinesi, i cui capi stanno aspettando il crollo dei vari imperi per costruirne uno, loro, che al confronto quello di Gengis Khan era come il comune di Buccinasco. I cinesi che non sono capi, secondo il progetto dei capi, stanno invadendo il mondo, in modo “pacifico”, occupando a poco a poco tutti gli spazi disponibili, dai chioschi e dai bar di Venezia fino all’Africa nera.

Non è facile parlare coi cinesi, e non solo perché hanno una lingua strana costruita in modo da aumentare la facoltà della memoria, ma che porta ad escludere il periodo ipotetico, e quindi la categoria della possibilità. Eppure anche lì, in Cina, nel cuore dell’Impero del futuro, ci sono milioni di cristiani, anche cattolici, che a prescindere dal particolare nazionalismo di Stato, amano il papa e hanno capito che, nonostante le sue debolezze, sarà la Chiesa cattolica, cioè universale, l’ultima ad arrendersi all’Impero cinese.

Ho ancora negli occhi la distesa di bandiere esposte ad Astana l’anno scorso, quando a un giorno di distanza vennero in Kazakhstan papa Francesco e il leader cinese Xi Jinping. Quell’alternarsi di bandiere del Vaticano e della Cina mi fece pensare per un attimo alla possibile disputa del futuro. E preghiamo che sia una disputa nella pace.

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