Si chiama “Hardship of Life”, è stata scattata da Mehmet Aslan ed è la foto-simbolo della guerra in Siria vincitrice del prestigioso premio “Siena international photo awards” (Sipa), edizione 2021. Un papà senza una gamba per le ferite di guerra che abbraccia con un volto carico di sorriso il piccolo figlio senza più nessun arto attaccato al corpo: una scena che può avere due sostanziali “letture”, da un lato la devastazione e l’ignominia a cui l’uomo può arrivare durante una guerra; ma anche la speranza, una fragile se volete, sottile, debolissima, ma comunque resistente speranza per quei volti che si abbracciano e che non possono che sorridere.
La foto scattata dal fotografo turco Mehmet Aslan proviene dal distretto di Reyhanli, nella provincia turca di Hatay, proprio al confine con la Siria, uno dei luoghi più colpiti dalla furia omicida e totalitaria degli avversi regimi presenti: «Un padre, Munzir, ha perso la gamba destra a causa di una bomba caduta mentre stava passeggiando in un bazar di Idlib in Siria», spiega il premio Sipa consegnato negli scorsi giorni. Suo figlio, di nome Mustafa, è nato senza gli arti inferiori e quelli superiori a causa di una malformazione, la tetramelia, causata dall’assunzione di farmaci da parte della madre Zeynep, colpita, durante la guerra in Siria dal gas nervino. Come spiega l’organizzazione internazionale, il piccolo Mustafa avrà bisogno in futuro di protesi elettroniche che al momento non sono ancora disponibili in Turchia.
IL SORRISO E LA GUERRA
«E’ doloroso dover ancora una volta commentare una foto su una tragedia che non è finita: la guerra in Siria. Quello scatto sta facendo il giro del mondo, ma speriamo di non trovarci di fronte all’ennesima prova di indignazione a intermittenza. Come quella drammatica di Aylan, speriamo che questa foto svegli le coscienze dei leader mondiali», ha spiegato il portavoce UNICEF Italia, Andrea Iacomini, contattato dall’ANSA dopo il premio consegnato al fotografo Aslan. «Quella foto è arrivata al mondo», ha spiegato in lacrime la mamma di Mustafa, raggiunta dal Washington Post: «Abbiamo cercato per anni di farci sentire per aiutare mio figlio con i trattamenti, faremmo di tutto per dargli una vita migliore», conclude la donna colpita da gas nervino negli scorsi anni di guerra in Siria. «Il dramma nel dramma sono i bambini con gravi disabilità, che rappresentano la parte più debole nei conflitti», ha aggiunto Iacomini twittando la foto simbolo che non può lasciare “insensibili”. Può essere rifiutata, può essere assunta a “simbolo”, o può semplicemente ricordarci che male e bene nella vita di ogni giorno esistono: non resta che seguire quel “contraccolpo” che generano e vedere quale posto nell’economia del destino è “riservato” per ognuno di noi. Per Mustafa e il suo papà è certamente un “posto” di testimonianza che si può vivere “lieti” anche nelle atrocità più immani.
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