“Sembra che tanti – ha detto Papa Francesco all’Angelus nel giorno della Sacra Famiglia – hanno perso l’illusione di andare avanti con figli, tante coppie preferiscono rimanere senza o con un solo figlio, è una tragedia. Facciamo tutto il possibile per riprendere una coscienza, per vincere questo inverno demografico che va contro le nostre famiglie, contro la nostra patria e contro il nostro futuro”.



Se si tiene presente che “ilusión” in spagnolo significa non “illusione” ma “sogno” si comprende come proprio l’assenza di quest’ultimo motivi le parole del Pontefice: l’equivoco involontario, anzi, fa centro e sottolinea quanto il desiderio che alberga nel più profondo di ogni uomo, quello di dare vita, non venga più visto da molti come un sogno che diviene progetto di vita, ma solo come una mera illusione.



Di fronte ad un Bambin Gesù messo al mondo nella povertà e allevato tra mille difficoltà, il papa riflette sul gelo demografico. Certamente alla base della decisione di non fare figli – o di limitarne il numero – ci sono tante difficoltà lavorative, economiche, di stabilità affettiva e di richieste sempre più elevate della società del lavoro. Ma oltre a ciò c’è, forse, anche mancanza di speranza. C’è una paura che blocca nella fecondità del dono: in quello dell’accoglienza, del perdono, del dialogo, ma anche in quello del donare vita.

Il presepe è luogo dell’incontro di genti e persone diverse attorno ad un Bambino. L’umiltà di una nascita riunisce attorno a sé uomini e donne di buona volontà e ci insegna la capacità di fare rete, di soccorrere chi ha più bisogno offrendo ciascuno qualcosa di utile. Imparare la lezione della speranza anche nelle piccole cose della vita quotidiana significa vivere aperti alla gioia di ciò che ogni giorno ci può portare senza dare nulla per scontato.



Naturalmente aprirsi alla fiducia non può essere svincolato da una politica per la famiglia, per i giovani, per i bambini. Sempre il Papa lo ha ricordato di nuovo proprio ieri quando, nella Lettera agli sposi in occasione dell’“Anno della famiglia Amoris Laetitia”, ha scritto che “se prima della pandemia per i fidanzati era difficile progettare un futuro essendo arduo trovare un lavoro stabile, adesso l’incertezza lavorativa è ancora più grande”.  L’apertura alla vita degli altri si deve coniugare con la  richiesta politica di sgravi per la famiglia, di maggiore possibilità e apertura alle occasioni formative ed educative per progetti di vita dove i consumi normali di una famiglia non significhino il bisogno di sacrifici inaffrontabili.

La necessità di una maggiore speranza non deve mai diventare giudizio verso chi adesso ritiene di non poter fare un figlio o di accoglierne un secondo perché le difficoltà sono concrete. Bisogna mobilitarsi perché la richiesta di scommettere sulla vita non sia un azzardo ma sia possibile contare su una rete di aiuti forti, su una sussidiarietà reale. Per questo, qualora lo Stato non dovesse riuscire nel proprio compito, il vescovo di Roma esorta i giovani sposi a non esitare nell’appoggiarsi alle proprie famiglie e alle proprie amicizie: alla comunità ecclesiale, alla parrocchia “per vivere la futura vita coniugale e familiare imparando da coloro che sono già passati per la strada che voi state iniziando a percorrere” (Lettera agli sposi, 26 dicembre 2021).

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