IL “TODOS, TODOS” DI PAPA FRANCESCO E LE DIFFERENZE CON IL RELATIVISMO

«Quando io dico tutti, tutti, tutti, sono le persone. La Chiesa riceve le persone, tutti e non si domanda come sei. Poi dentro ognuno cresce e matura nella sua appartenenza cristiana. E’ vero che oggi è un po’ alla moda parlare di questo. La Chiesa riceve tutti»: lo ha detto Papa Francesco nella recente intervista al Tg1 a domanda esplicita sul rapporto tra persone omosessuali e fede cattolica. Ebbene quel “Todos, Todos” risuona ormai dall’intero magistero di Bergoglio ma non deve essere scambiato come una sorta di “relativismo” buonista, come viene identificato da alcune parti interne alla Chiesa e più vicine all’area tradizionalista.



Ne è convinto Nuno Tovar de Lemos, direttore del Centro Comunitario San Cirillo a Oporto, nel suo lungo editoriale sull’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”, la rivista dei gesuiti. «Tutti, tutti, tutti. Accoglienza o relativismo nella Chiesa cattolica?», questo il titolo della riflessione che porta Tovar de Lemos a mettere in correlazione l’apertura e l’accoglienza con il rischio di un malcelato relativismo interno alla Chiesa. Serve una Chiesa, scrive l’autore, in grado di accogliere tutti come una casa paterna dove c’è posto per ciascuno, ma allo stesso tempo «anche una Chiesa che non abbandona i suoi ideali più alti e difende i Sacramenti per sempre come il matrimonio e il sacerdozio e dice no e in modo netto ad ogni forma di relativismo sociale ed etico».



CIVILTÀ CATTOLICA: “GLI INSEGNAMENTI DI PAPA FRANCESCO SULL’ACCOGLIENZA NELLA CHIESA ”

Il religioso gesuita spiega nel suo lungo articolo per il quindicinale della Compagnia di Gesù perché la Chiesa di Papa Francesco guarda al futuro con il dono dell’accoglienza senza rimanere incastrato nelle pieghe del relativismo etico e religioso: «In primo luogo, quando il Papa parla di accogliere “tutti”, non si riferisce, – si legge nell’articolo – in particolare, a coloro che si sono risposati civilmente dopo il fallimento di un matrimonio sacramentale, o alle persone omosessuali».



La preoccupazione del Papa è ben più allargata ed ampia: quel “tutti” significa «i poveri, coloro che si sentono peccatori, i sani e i malati e tutti quelli che, per qualsiasi motivo, non si sentono degni di entrare in una chiesa». Secondo padre Tovar de Lemos, da Bergoglio non arrivano per i fedeli dei “parametri” o delle “ricette sicure” per poter accogliere l’altro, bensì suggerisce di accompagnare queste persone (al netto degli orientamenti sessuali, politici ed ecclesiali), che sono spesso in ricerca di Dio, «a sentirsi accolte con l’aiuto della comunità cristiana». L’esortazione del Papa è quella di aiutare e accompagnare, tenere aperta la porta a cui bussano di continuo le persone, ma senza per questo «alcun relativismo rispetto agli ideali. Questi rimangono intatti. Il Papa afferma che la Chiesa deve sapere accogliere tutti, ma non dice né può dire come ciò avverrà caso per caso». Una Chiesa che non sia una “dogana“, ripete spesso Papa Francesco, ma che possa incarnare sempre il Vangelo di Gesù e non quanto il mondo vuole “farsi sentire dire”