LA LETTERA DI PAPA FRANCESCO AI PRETI DI ROMA DOPO LA GMG

«Lottare contro la mondanità spirituale e il clericalismo»: così Papa Francesco nella lunga lettera inviata ai preti della Diocesi di Roma, in vista della celebrazione il 5 agosto scorso della Memoria della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore. Mentre ancora si trovava alla GMG Lisbona 2023 davanti ad un milione e passa di giovani, il Santo Padre si ricorda dei tanti volti che nella Diocesi di Roma ogni giorno curano, assistono e accolgono pellegrini da ogni parte del mondo.



«Vi sono vicino nelle gioie e sofferenze, grazie del vostro servizio spesso non riconosciuto», esordisce Papa Francesco scrivendo ai sacerdoti della Diocesi di Roma, «il nostro ministero sacerdotale non si misura sui successi pastorali (il Signore stesso ne ha avuti, col passare del tempo, sempre di meno!). Al cuore della nostra vita non c’è nemmeno la frenesia delle attività, ma il rimanere nel Signore per portare frutto». La comunione del Vescovo di Roma con i suoi fratelli sacerdoti è tutta tesa a testimoniare la Chiesa di Roma come esempio nel mondo di «compassione e di speranza, con i suoi pastori sempre, proprio sempre, pronti e disponibili a elargire il perdono di Dio, come canali di misericordia che dissetano le aridità dell’uomo d’oggi». La grande sfida lanciata da Papa Francesco ai preti di Roma prende spunto dall’intuizione geniale di Padre Henri De Lubac: «Dio ci chiede di andare a fondo nella lotta contro la mondanità spirituale», commenta il Santo Padre citando il grande autore e filosofo francese quando scriveva che «la mondanità spirituale è il pericolo più grande per Chiesa, la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce, insidiosamente, allorché le altre sono vinte».



“NESSUNA INFEDELTÀ FA VENIRE MENO LA CHIESA DI DIO”: L’AUGURIO DI PAPA FRANCESCO

Qualora la mondanità spirituale dovesse trionfare nella Chiesa, sottolinea ancora Papa Francesco citando De Lubac, intaccherebbe alla base il principio cardine della Chiesa come servizio, «sarebbe infinitamente più disastrosa di ogni mondanità semplicemente morale» (da “Meditazione sulla Chiesa” di Padre Henri De Lubac). La sfida di Papa Francesco ai preti della Diocesi di Roma, ma in realtà a tutta la comunità sacerdotale ed ecclesiale, è proprio quella di combattere la mondanità spirituale che porta ad essere meri “mestieranti dello spirito”, uomini rivestiti di forme sacrali che in realtà continuano a pensare e agire secondo le mode del mondo”. Ciò accade, scrive il Papa nella lettera diffusa sul portale del Vaticano, quando i sacerdoti si fanno «affascinare dalle seduzioni dell’effimero, dalla mediocrità e dall’abitudinarietà, dalle tentazioni del potere e dell’influenza sociale. E, ancora, da vanagloria e narcisismo, da intransigenze dottrinali ed estetismi liturgici».



Questi sono di fatto forme e modi in cui la mondanità spirituale si nasconde «dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa», ma in che realtà consiste nel cercare al posto della gloria di Dio, «la gloria umana e il benessere personale». Uno dei risvolti più insidiosi della “mondanità spirituale”, denuncia Papa Francesco, è il clericalismo già più volte condannato dal Santo Padre nei suoi 10 anni di pontificato: «quando, magari senza accorgercene, diamo a vedere alla gente di essere superiori, privilegiati, collocati “in alto” e quindi separati dal resto del Popolo santo di Dio. Come mi ha scritto una volta un bravo sacerdote, “il clericalismo è sintomo di una vita sacerdotale e laicale tentata di vivere nel ruolo e non nel vincolo reale con Dio e i fratelli”». Il clericalismo è una “malattia”, denuncia ancora il Papa, che fa perdere di vista il Battesimo ricevuto, mette il proprio Io davanti a Dio e porta i preti a vivere nelle varie forme di potere: «perde lo spirito della lode perché ha smarrito il senso della grazia, lo stupore per la gratuità con cui Dio lo ama, quella fiduciosa semplicità del cuore che fa tendere le mani al Signore». Clericalismo è anche guardare tutti gli altri con uno spirito “clericale”, vivendo la propria vocazione in maniera elitaria e chiudendosi sempre di più: «sviluppando legami possessivi nei confronti dei ruoli nella comunità, coltivando atteggiamenti boriosi e arroganti verso gli altri. E i sintomi sono proprio la perdita dello spirito della lode e della gratuità gioiosa, mentre il diavolo s’insinua alimentando la lamentela, la negatività e l’insoddisfazione cronica per ciò che non va, l’ironia che diventa cinismo».

In chiusura di lettera, Papa Francesco invita a guardare a Gesù come unico vero antidoto quotidiano alla mondanità e al clericalismo: «Egli ha accettato l’umiliazione per rialzarci dalle nostre cadute e liberarci dal potere del male. Così, guardando le piaghe di Gesù, guardando Lui umiliato, impariamo che siamo chiamati a offrire noi stessi, a farci pane spezzato per chi ha fame, a condividere il cammino di chi è affaticato e oppresso. Questo è lo spirito sacerdotale: farci servi del Popolo di Dio e non padroni, lavare i piedi ai fratelli e non schiacciarli sotto i nostri piedi»