IL “GOVERNO” DI PAPA FRANCESCO: “SEGUIRE IL SIGNORE”
Per i 10 anni di Pontificato, tra le varie interviste rilasciate in questi giorni da Papa Francesco, spicca quella al “Fatto Quotidiano” dove le tematiche affrontate riguardano in maggior modo le “piaghe” che affliggono l’umanità e il nostro Paese in particolare. La mafia, la corruzione, l’indifferenza davanti alla guerra, e poi ancora la pedofilia, il “chiacchiericcio”: un’intervista “politica” quella rilasciata da Papa Francesco dove non manca lo spazio per raccontare le varie iniziative messe in atto per riformare la Chiesa dal suo interno, a partire dalla Curia romana. Il tutto però con il “faro” dello Spirito Santo a guidare, rivendica Papa Francesco: «il bilancio lo farà il Signore quando vorrà. Il modo in cui lo farà ce lo ha detto lui stesso al capitolo 25 del Vangelo di Matteo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi…».
La Chiesa non è una azienda, ma nemmeno una ong, ammonisce il Papa: «il Pontefice non è un amministratore delegato che a fine anno deve far quadrare i conti. La Chiesa è del Signore! A noi viene semplicemente chiesto di porci umilmente in ascolto della sua volontà e metterla in pratica. Può sembrare un compito molto semplice, ma non lo è. Bisogna sintonizzarsi con il Signore, non con il mondo». Nell’intervista al “Fatto”, davanti all’insistenza delle domande sul “piano di governo” del Pontificato, Bergoglio ricorda un passaggio dell’omelia di Benedetto XVI nella messa d’inizio del suo Pontificato (aprile 2005): «In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo […] Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia».
PAPA FRANCESCO E I 10 ANNI DI PONTIFICATO: LE PIAGHE DI CORRUZIONE, MAFIA E PEDOFILIA
Tra le “piaghe” individuate da Papa Francesco nel mondo di oggi vi è in primo luogo la corruzione, quella che lo fa soffrire di più: «Non parlo solo della corruzione economica, dentro e fuori il Vaticano, parlo della corruzione del cuore. La corruzione è uno scandalo. A Napoli, nel 2015, dissi che spuzza. Sì, spuzza. La corruzione fa imputridire l’anima. Bisogna distinguere il peccato dalla corruzione. Tutti siamo peccatori, tutti! Anche il Papa e si confessa ogni quindici giorni. Ma non dobbiamo scivolare dal peccato alla corruzione. Mai! Nella Chiesa, come nella politica e nella società in generale, dobbiamo sempre mettere in guardia dal grave pericolo della corruzione. È molo difficile che un corrotto possa tornare indietro: una tangente oggi e una domani».
Dalla corruzione alla mafia, il passaggio è diretto secondo il Santo Padre: proprio per la corruzione, «i mafiosi sono scomunicati: hanno le mani sporche di soldi insanguinati. Fanno affari con le armi e la droga. Uccidono i giovani e la società. Uccidono il futuro. Bisogna essere chiari: nella Chiesa non c’è posto per i mafiosi! I beati Pino Puglisi e Rosario Livatino non sono scesi a patti con la mafia e perciò hanno pagato con le loro vite». Ma la corruzione nella Chiesa si riduce spesso al tema delicato e inquietante degli abusi per pedofilia: spiega Papa Francesco che Benedetto XVI ha avuto il grande merito di denunciare pubblicamente questo scandalo enorme quando era ancora cardinale, con quel «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!». Ma per Papa Bergoglio il coraggio non è bastato, ci è voluto anche l’azione diretta attuata da Benedetto XVI e poi da lui proseguita contro l’abominio degli abusi: «sia da cardinale che poi da Papa, ha lottato con tutte le sue forze contro l’omertà e l’insabbiamento che per decenni hanno coperto chi nella Chiesa ha commesso gli abusi. Io mi sono posto sulla strada tracciata da lui. Su questo punto bisogna essere molto chiari: se nella Chiesa si rilevasse anche un solo caso di abuso, che rappresenta già di per sé una mostruosità, tale caso sarà affrontato sempre con la massima serietà». Nella Chiesa, chiarisce ancora Papa Francesco, non ci deve essere posto per chi si macchia del crimine abominevole della pedofilia: «Benedetto XVI aveva incominciato ad ascoltare le vittime durante i suoi viaggi internazionali. Questa condivisione del pastore: bisogna partire da qui. Nella Chiesa non c’è posto per chi si macchia di questo abominevole peccato contro Dio e contro l’uomo. Ma la pedofilia è anche un reato che la giustizia deve punire. Coprire gli abusi è una pratica abituale. Pensa che il 40 per cento dei casi di abuso avviene nelle famiglie e nel quartiere e tutto questo viene coperto. Un’abitudine che la Chiesa ha avuto fino allo scandalo di Boston nel 2002. In quel momento, la Chiesa si è accorta che non poteva più coprire la pedofilia dei suoi preti, ma nelle famiglie e nel mondo dello sport c’è ancora questa abitudine».
PAPA FRANCESCO, LA PACE E LA “GLOBALIZZAZIONE DELL’INDIFFERENZA”
Chiosa dell’intervista al “Fatto Quotidiano” sul tema intricato del futuro di pace che Papa Francesco si augura per la Chiesa ma in realtà per l’intero mondo di oggi: «mi auguro la pace nella martoriata Ucraina e in tutti gli altri Paesi che soffrono l’orrore della guerra che è sempre una sconfitta per tutti, per tutti. La guerra è assurda e crudele. È un’azienda che non conosce crisi nemmeno durante la pandemia: la fabbrica delle armi. Lavorare per la pace significa non investire in queste fabbriche di morte. Mi fa soffrire pensare che se non si facessero armi per un anno, finirebbe la fame nel mondo perché quella delle armi è l’industria più grande del pianeta».
Nel trattare il tema della guerra mondiale in corso ormai – citate oltre all’Ucraina anche l’Africa (Congo e Sud Sudan), il Medio Oriente e tanti altri teatri di conflitti – Papa Francesco sottolinea che una delle sofferenze maggiori per lui è quella chiamata «globalizzazione dell’indifferenza»: «Quando hanno chiesto alla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, quale parola scrivere al binario 21 della Stazione di Milano dove partivano i treni per i campi di concentramento nazisti, non ha avuto dubbi e ha detto: “Indifferenza”. Nessuno aveva pensato a quella parola. Fa riflettere perché quel massacro di milioni di persone è avvenuto nell’indifferenza vigliacca di tanti che hanno preferito girare la faccia dall’altra parte e dire: “A me che importa?”».