In un mondo in cui siamo tutti esposti a perdere il “volto”, il volto dell’umano, che si costruisce in occhi che ti guardano con amore, per cui non sei solo un margine sullo sfondo o un punto nel paesaggio – e questo non solo nelle tradizionali relazioni sociali ed economiche (“i rapporti di produzione”), ma persino sul terreno dell’individua vitalità biologica in una bioeconomia dove la stessa vita biologica è entrata da tempo nel calcolo del biovalore da rendere disponibile nei circuiti commerciali e commercializzabili della vitalità in mano a bioetch, bigfarma e biobanche – il Meeting quest’anno ci invita a ripensare, nella Veronica che raccoglie il sudore del volto di Cristo che ascende al Calvario, che è solo negli occhi di Cristo che si diventa cristiani.
Se si è capaci di vedere, nel cuore, che ci guarda e come ci guarda. Che i suoi occhi sono quelli di un Padre, che per guardarci negli occhi e farsi guardare negli occhi ci ha inviato Suo Figlio. E ogni giorno ce lo invia negli occhi del fratello che guarda a noi nella speranza muta di essere “guardato”, di essere “veduto” nel suo bisogno.
È questo tema del Meeting, che Papa Francesco riprende centralmente nel messaggio di saluto citando la chiamata di Zaccheo nelle parole di S. Agostino: “Fu guardato e allora vide:[…] se non fosse stato guardato, non avrebbe visto”.
Un passo che si può visualizzare in un’altra “vocazione”, quella di S. Matteo dipinta dal Caravaggio. Due pubblicani guardati negli occhi. Quasi un invito pressante alla società di oggi, il mondo globale dell’economia finanziaria, della finanziarizzazione dell’economia, a non dimenticare, a saper tornare forse alla fondativa – di tutto, dell’umano – economia del volto; del volto dell’uomo, dove l’altro, anche chi lavora per te, lo sai guardare e lo guardi negli occhi, e te ne lasci guardare. A un’economia del Padre, perché solo un’economia del Padre, a lui ispirata, può essere anche un’economia del volto dell’umano. Perché solo un padre ci guarda negli occhi in ogni nostro giorno, per sapere come va, se va…
Solo di un Padre conosciamo gli occhi. Di un padrone noi non conosciamo gli occhi. Un padrone non guarda mai negli occhi i suoi servi. I servi di un padrone non conoscono gli occhi, conoscono solo la voce: “fa questo”, “fa quello”. Gli occhi di un padrone non si fermano mai a cercare lo sguardo di chi li serve o lavora per loro, o anche solo la schiena china nei campi, e meno che mai il sudore della fronte. Del frutto del lavoro conta solo il prodotto, non la vita di chi vi si è dedicato, non la vita che vi è stata all’opera.
E servi che nessun padre guarda negli occhi, in ogni ambito della vita, in questo mondo che tutti espone a finire margine o scarto della realtà, possiamo essere tutti. Anche quando nel nostro più o meno piccolo o più o meno grande, siamo o ci sentiamo padroni, e rivendichiamo il nostro “diritto” (che non “scoccino” i “poveri”, quelli che hanno bisogno in ispirito o nella carne) a comportarci da padroni “senza guardare in faccia a nessuno” per la fatica fatta a farci padroni o a resistere padroni tra i padroni. Solo che “scocciatori” possiamo essere tutti, alla prossima ora del prossimo giorno. E in quell’ora tutti vorremmo gli occhi di un padre che ci guardino.
Ecco, l’invito di Papa Francesco mi sembra questo: sapersi fare guardare negli occhi, e restituire lo sguardo. Credo che il Meeting questo vorrà dire in questi giorni di agosto.