PAPA FRANCESCO E IL CONCILIO VATICANO II: “ECCO COME LO STA ATTUANDO”, PARLA LA TEOLOGA CUDA
Secondo la teologa argentina Emilce Cuda, nominata un anno fa segretario della Pontificia Commissione America Latina, i 10 anni di Pontificato di Papa Francesco hanno determinato la prima vera attuazione profonda del Concilio Vaticano II: la teologa lo spiega in un lungo intervento sul quotidiano cattolico francese “La Croix” sottolineando perché l’importanza teologica del Santo Padre sia errato da sottovalutare nel complesso del lascito che avrà la Chiesa dopo Francesco.
«Siamo a 10 anni di pontificato di un Papa che viene dall’America Latina. La prima cosa da dire è che l’America Latina non è un insieme omogeneo. Tenendo presente questa complessità, possiamo vedere Bergoglio in Argentina, con i riferimenti che ne conseguono», spiega Cuda rilevando la sorpresa che si ebbe negli ambienti teologici europei con l’avvento di Papa Bergoglio al Soglio Pontificio.
Un Papa che parlava in un linguaggio normale, senza riferimenti teologici espliciti e soprattutto senza passare attraverso la mediazione della filosofia tedesca: secondo Cuda la differenza con Benedetto XVI (sebbene la teologa non lo citi direttamente, ndr) è netta e non deve scandalizzare: «Egli utilizza un’altra mediazione che è quella della cultura latinoamericana. All’inizio del suo pontificato si parlava molto di teologia della liberazione o di teologia del popolo, ma ora non è più così».
Il tema della teologia della liberazione non deve essere usato per “sminuire” il magistero di Papa Francesco, rileva ancora la docente, «Si tratta semplicemente di una teologia con una mediazione diversa dalla filosofia tedesca, in un contesto culturale diverso. Detto questo, questo riferimento è scomparso perché, nel corso degli anni, è diventato chiaro che il Papa stava facendo qualcos’altro».
Papa Bergoglio resta infatti il principale interprete dell’applicazione effettiva del Concilio Vaticano II: per Emilce Cuda, «se la teologia della liberazione è nata in America Latina, è perché è stata una diretta conseguenza del Concilio Vaticano II. I teologi, i cardinali e i vescovi hanno scelto questa strada di compromesso con la realtà. In Europa, invece, questo percorso di compromesso è stato meno presente, a causa del peso delle voci conservatrici».
CUDA (PONTIFICIA COMMISSIONE AMERICA LATINA): “PAPA PARLA ALLA GENTE, SULLA TEOLOGIA…”
La semplicità del Vangelo e il linguaggio adattato nei secoli rappresentano l’intento ancora molto attuale nell’applicazione del Concilio Vaticano II: per Cuda la teologia non è altro che la parola su Dio, «La teologia ha cominciato a usare la mediazione filosofica con la patristica, nei primi secoli della nostra era. A quel tempo, i cristiani dovevano entrare nella discussione del loro tempo con il mondo greco e il giudaismo, così la teologia ha adottato il loro linguaggio. Ma abbiamo bisogno della teologia per parlare di Dio? No».
Per la teologa argentina, Papa Francesco è figlio diretto della sua America Latina dove la mediazione utilizzata tra elementi diversi è garantita dalla cultura e non dalla teologia. Il popolo di Dio è tutto, non è “solo” quello di chi è fedele o religioso: «In Europa, è chiaro che questo concetto di popolo di Dio rimane a livello di discorso. In America Latina è una realtà concreta. La Chiesa deve unire le differenze e non essere una Chiesa di puri», attacca duramente la teologa argentina.
Ecco che con Papa Francesco, ribadisce la studiosa, è il concetto di amicizia sociale lo “strumento” per unire diversità anche ampie tra diverse categorie sociali: per dialogare è necessario, soprattutto in filosofia, riconoscere l’altro come soggetto.
Ciò significa, come ripete da tempo lo stesso Papa Francesco, che dobbiamo riconoscere l’altro come interlocutore valido e legittimo. «Questo significa che c’è la possibilità di decidere insieme. È proprio questa la posta in gioco della sinodalità», riflette ancora Cuda su “La Croix” analizzando i temi importanti del Sinodo in corso della Chiesa Cattolica. La linea di Bergoglio è chiara su questo: «dobbiamo essere un interlocutore valido anche per gli altri, anche nelle società laiche, con i credenti di altre religioni».
Questo però non è un punto di eccessiva diversità dalla teologia e Chiesa europea, chiarisce Cuda provando a “ricucire” «non ha rappresentato uno shock culturale per la Chiesa europea. Ridurre il Papa a una cultura diversa, perché è uno straniero, è un modo per svalutarlo».
Secondo la teologa della Pontificia Commissione Papa Francesco non perde tempo a giustificarsi con chi lo accusa di non essere un teologo, bensì «preferisce parlare con la gente. Conosce la teologia tedesca e potrebbe rispondere a quel livello, ma sceglie di non farlo».