PAPA FRANCESCO DOPO IL VIAGGIO IN ASIA E OCEANIA: “LA CHIESA È TROPPO OCCIDENTALE”

Ritornando nella consueta cornice di Piazza San Pietro per la prima Udienza Generale dopo il lungo viaggio in terra d’Asia e d’Oceania, Papa Francesco racconta la sua testimonianza di quanto incontrato nelle 4 tappe itineranti del 45esimo Viaggio Apostolico: Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore, con una relativa “fotografia” offerta alla platea giunta oggi in Vaticano per ogni tappa affrontata nel dialogo con cristiani, musulmani e le altre fedi incontrate.



Ma è sopratutto sul futuro della Chiesa cattolica che si concentra parte del ragionamento emerso oggi in Udienza: «come Chiesa siamo ancora troppo eurocentrici», aggiungendo che un potenziale problema attuale e futuro è appunto rimanere troppo ancorati alla tradizione “occidentale”. Con una dichiarazione certamente molto forte (e che qualche polemica la creerà, ndr) Papa Francesco insiste nel riferire come la Santa Chiesa di Cristo sia in realtà molto più grande del “mero” confine occidentale: «è molto più grande di Roma e dell’Europa», e addirittura in molti Paesi extra-Occidente «è molto più viva».



Il Papa ha poi raccontato di avere sperimentato l’eccezionalità degli incontri con le singole comunità cristiane dei 4 Paesi visitati nel viaggio di inizio settembre: al netto del Timor Est, che ha il 98% di battezzati sulla popolazione minuscola, in Indonesia a maggioranza musulmana la presenza dei cattolici è ridotta al 3%. Eppure, chiarisce il Papa in Udienza, è proprio lì che ha incontrato una Chiesa «vivace, dinamica, capace di vivere e trasmettere il Vangelo in quel Paese che ha una cultura molto nobile». Come detto già all’inizio del suo Pontificato, Bergoglio punta ad allargare i confini della Chiesa, a raggiungere le «periferie del mondo» anche attraverso eventi imponenti come l’imminente ultima fase del Sinodo che apre le porte in Vaticano a vescovi e cardinali da ogni parte del globo.



DALLA PACE ALL’APPELLO SUI FIGLI: GLI ALTRI TEMI DELL’UDIENZA GENERALE DI PAPA FRANCESCO IN VATICANO

Il dialogo con le diversità, la compassione e il perdono per il “diverso” sono i temi ricalcati nell’Udienza Generale con Papa Francesco, proprio a partire da quell’affermazione sulla Chiesa che serve “meno occidentale” e più “universale”: nel Viaggio in Asia e Oceania il Santo Padre si porta a casa l’incontro con cristiani in grado di testimoniare Cristo avendo compassione per l’altro, rispettando le tradizioni senza perdere le proprie radici. «Fede, fraternità, compassione: su queste parole il Vangelo entra ogni giorno, nel concreto, nella vita di quel popolo, accogliendola e donandole la grazia di Gesù morto e risorto», ribadisce Papa Francesco cogliendo spunto da quanto incontrato nelle scorse settimane.

Ricordando l’insegnamento del grande Ratzinger, Papa Francesco sottolinea le testimonianze incontrate con laici e consacrati nei Paesi ai confini del mondo: «lì vi sono Chiese che non fanno proselitismo», afferma, «ma che crescono per attrazione, come diceva saggiamente Benedetto XVI». Dal dialogo in Indonesia alla fraternità senza violenza in Papua Nuova Guinea, passando per la fede semplice e libera in Timor Est e chiudendo con la ricchezza e le potenzialità del Singapore: Papa Francesco invita ad essere freschi, giovani, attivi e non “chiusi” nei propri confini geografici e mentali. Al termine dell’Udienza Generale il ringraziamento del Santo Padre va a al Signore che ha concesso lui la grazia di poter fare «da vecchio Papa quello che avrei voluto fare da giovane gesuita! Perché lì volevo andare missionario».

La preghiera per la pace richiesta al termine della catechesi vede impegnata la Chiesa tanto in Medio Oriente quanto in Ucraina e nel Myanmar, con Papa Francesco che chiede al Signore di concedere agli uomini un cuore che guidi verso una vera pacificazione: infine, da segnalare, l’ulteriore appello al senso della famiglia e al valore dei figli, specie nelle realtà occidentali dove la denatalità la fa purtroppo da “padrone”. Per i cristiani e non solo, i figli devono essere una ulteriore ricchezza per la nazione, «anche qui in Europa»; occorre quindi avere cura di loro, dell’intera famiglia e farne sempre custodia per il tesoro che hanno da offrire alla crescita della fede cristiana.