L’ASCENSIONE E LA LIBERTÀ DI CRISTO: IL REGINA COELI DI PAPA FRANCESCO
«La Sua (di Cristo, ndr) è una presenza che non vuole limitare la nostra libertà»: un passaggio centrale del “Regina Coeli” di Papa Francesco recitato oggi in Piazza San Pietro è legato a doppio filo al “tema” attualissimo della libertà.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra l’Ascensione del Signore, il Santo Padre – prima di annunciare i nuovi 21 Cardinali che nel prossimo Concistoro diverranno a tutti gli effetti membri del Collegio Cardinalizio – si sofferma sulla centralità della presenza carnale di Cristo nella vita dell’umanità: con l’Ascensione, «Gesù non sta abbandonando i discepoli. Ascende al Cielo, ma non ci lascia soli. Anzi, proprio salendo verso il Padre assicura l’effusione dello Spirito Santo, del suo Spirito». Ma è proprio in questo “lascito” voluto dal Signore che Papa Francesco ravvisa tutto l’amore di Gesù per l’umanità: «la sua è una presenza che non vuole limitare la nostra libertà. Al contrario, fa spazio a noi, perché il vero amore genera sempre una vicinanza che non schiaccia, non è possessivo, è vicino ma non possessivo; anzi, il vero amore ci rende protagonisti».
IL PAPA, LA LIBERTÀ E DOSTOEVSKIJ
Chiudendo il “Regina Coeli” è ancora Papa Francesco a riflettere sul dono dello Spirito ricevuto da Cristo ad ogni singolo individuo: «testimoni del Vangelo. Chiediamoci se lo siamo davvero; e anche se siamo capaci di amare gli altri lasciandoli liberi e facendo loro spazio. E poi: sappiamo farci intercessori per gli altri, cioè sappiamo pregare per loro e benedire le loro vite? Oppure ci serviamo degli altri per i nostri interessi? Impariamo questo: la preghiera di intercessione, intercedere per le speranze e per le sofferenze del mondo, intercedere per la pace. E benediciamo con lo sguardo e con le parole chi incontriamo ogni giorno!».
Dio ha amato così tanto l’uomo da lasciargli la libertà: questo è uno dei concetti più “difficili” e al contempo “misteriosi” che viene spesso “rinfacciato” alla Chiesa Cattolica e alla sua testimonianza di un Figlio di Dio tanto onnipotente quanto “carnale”. Il concetto di libertà è però il vero cardine, assieme all’amore, dell’opera di Gesù sulla Terra: lo aveva capito benissimo il grande romanziere Fedor Dostoevskij, che solo qualche stupido potrebbe pensare di “censurare” oggi per il solo fatto di essere russo. Nel brano “La Leggenda del Grande Inquisitore” inserito nel capolavoro “I fratelli Karamazov”, l’autore mette in scena in una Spagna seicentesca soggiogata dalla Santa Inquisizione un dialogo tra il cardinale Grande Inquisitore e il Cristo ritornato sulla Terra. Ebbene, l’uomo di Chiesa arresta e rimprovera Gesù di aver donato all’uomo la libertà: «Non c’è nulla di più ammaliante per l’uomo che la libertà della propria coscienza: ma non c’è nulla, del pari, di più tormentoso», dice il Grande Inquisitore, che contesta a Cristo di aver donato questo fardello al posto delle ben più importanti “pace e serenità”. La “ricetta” dell’Inquisitore è invece l’esatto opposto del messaggio di Cristo: per il primo, quasi a impersonare il Diavolo, occorre «ingannare l’uomo» facendogli credere di essere liberi mentre li si guida come un “gregge”; per il secondo invece, come ripete oggi il Papa, «il vero amore genera sempre una vicinanza che non schiaccia, non è possessivo, è vicino ma non possessivo; anzi, il vero amore ci rende protagonisti».