IL DIALOGO DI PAPA FRANCESCO CON L’ISLAM “SPIRITUALE”: L’ANALISI DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO
«La collaborazione e l’amicizia fra credenti di diverse religioni è indispensabile, per coltivare non solo la vicendevole stima, ma soprattutto quella concordia che contribuisce al bene dell’umanità»: così Papa Francesco scriveva nella lettera al Grande Ayatollah Ali Al-Sistani nel febbraio 2023, ricordando il viaggio storico in Iraq di due anni prima e l’incontro con la suprema guida sciita in Iraq (Paese tradizionalmente a maggioranza di Islam sunnita). Con il conflitto tra Israele e Hamas che rischia di allargare sempre di più l’escalation in Medio Oriente, l’allarme sul futuro delle relazioni tra Occidente e Islam è uno dei temi all’ordine del giorno e non solo all’interno della Chiesa Cattolica.
La radicalizzazione dello scontro tra forze filo-Iran – oltre Hamas, anche gli Houthi in Yemen, Hezbollah in Libano e le milizie jihadiste in Siria – e gli alleati occidentali di Israele è sempre più un rischio globale: «a causa del nuovo conflitto in Medio Oriente e del suo possibile allargamento, gli occhi del mondo sono puntati nuovamente sull’Iran e sui suoi alleati nella regione. Di conseguenza anche su tutto il mondo sciita», scrive in un lungo editoriale su “La Stampa” il Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. Nel focus viene approfondito il complesso mondo interno alla religione musulmana in Medio Oriente, non solo sciiti e sunniti ma anche all’interno delle singole “fazioni” arabe.
Spiega ancora il n.1 della Comunità fondata da Andrea Riccardi: «Gli sciiti, rappresentano il gruppo minoritario più rilevante nel mondo musulmano, stimati tra il 10% e il 15% rispetto ai sunniti, ma costituiscono la maggioranza della popolazione in Iran, Iraq, Bahrein e Azerbaigian, mentre in Yemen e Libano superano un terzo della popolazione e sono molto influenti». Hezbollah libanese e Ansar Allah, ovvero i cosiddetti Houthi, nel Paese yemenita sono l’espressione politica militante: da ultimo, «anche in Pakistan, Afghanistan, India, Kuwait, Arabia Saudita, Siria, Egitto, Turchia, Nigeria, gli sciiti costituiscono una minoranza significativa, talora superiore al 5%», scrive Impagliazzo.
IMPAGLIAZZO: “PAPA FRANCESCO, L’AYATOLLAH AL-SISTANTI E LA ‘SFIDA’ A KHOMEINI”
All’interno del mondo sciita però da anni è in corso una profonda distinzione tra l’area sciita in Iran – che segue la “dottrina” dell’Ayatollah Khomeini (nata con la “rivoluzione islamica” del 1979), eredità oggi dell’Ayatollah imperante in Iran Khamenei – e la posizione del Grande Ayatollah Al-Sistani, guida spirituale dell’Iraq sciita dopo la caduta del leader sunnita Saddam Hussein. La scuola religione di Sistani a Najaf ha sviluppato «un’interpretazione quietista, più spirituale e contemplativa, del rapporto tra Stato e religione, che in tempi recenti si è evoluta nel senso di una marcata divisione delle competenze e del sostegno a uno Stato non confessionale proprio da parte del Grande Ayatollah Ali Sistani e del suo predecessore, Abu al-Qasim al-Khoei», scrive il responsabile della Comunità di Sant’Egidio. L’incontro nel 2021 a Najaf tra Papa Francesco e Al-Sistani ha posto un’ulteriore pietra di dialogo tra il cattolicesimo e l’Islam sciita, provando a “isolare” il fondamentalismo dell’Iran di Khamenei.
«Il Papa incontrando Sistani ne ha fatto un interlocutore noto a livello internazionale, (in un mondo come quello musulmano dove gli interlocutori ufficiali sono scarsi), contando sulle sue decisioni equilibrate per aiutare la costruzione di una cittadinanza irachena non confessionale, favorevole a una convivenza in Medio Oriente sul modello dell’enciclica “Fratelli tutti”», spiega Impagliazzo mettendo in “contrapposizione” la visione confessionale radicale dell’Iran sciita con la proposta di un Iraq altrettanto sciita ma “erede” della scuola di Najaf. La Comunità di Sant’Egidio svela un dato poco conosciuto in questi anni di complesso dialogo tra Occidente e Islam, proprio a partire dall’incontro del Papa in Iraq: «questo incontro, unico nella storia dei rapporti tra cattolici e sciiti, viene commemorato annualmente in Iraq e ha portato a un significativo miglioramento delle relazioni interconfessionali – estremamente deterioratesi invece con lo “Stato Islamico” – mentre ha suscitato una prevedibile irritazione tra le fila del regime iraniano». Secondo Impagliazzo, da quel vertice di pace nel 2021 molti sciiti autorevoli, non solo iracheni, rifiutano di identificare la loro fede con il «khomeinismo belligerante», provando a sfidare il fondamentalismo islamista e ponendosi in maggiore correlazione credibile con il mondo. Proprio seguendo quanto scriveva il Papa ad Al-Sistani un anno fa, «spetta anche a noi, leader religiosi, incoraggiare coloro che hanno responsabilità nella società civile ad adoperarsi per affermare una cultura fondata sulla giustizia e sulla pace, promuovendo azioni politiche che tutelino i diritti fondamentali di ciascuno. Infatti, è essenziale che la famiglia umana riscopra il senso della fraternità e della reciproca accoglienza, come risposta concreta alle sfide odierne».