All’inizio della Messa da Santa Marta Papa Francesco questa mattina ha rivolto la preghiera alle tante, troppe vittime “anonime” del coronavirus cui purtroppo abbiamo assistito in questi ultimi 3 drammatici mesi di pandemia: «Preghiamo oggi per i defunti, coloro che sono morti per la pandemia; e anche in modo speciale per i defunti – diciamo così – anonimi: abbiamo visto le fotografie delle fosse comuni. Tanti …». Nell’omelia centrale della Santa Messa invece il Pontefice si è rivolto principalmente al tema della conversione e della testimonianza come unici “veicoli” per la trasmissione genuina della fede in Gesù: «Andare in missione – e sono bravi i missionari! – non significa fare strutture grandi, cose … e fermarsi così. No: le strutture devono essere testimonianze. Tu puoi fare una struttura ospedaliera, educativa di grande perfezione, di grande sviluppo, ma se una struttura è senza testimonianza cristiana, il tuo lavoro lì non sarà un lavoro di testimone, un lavoro di vera predicazione di Gesù: sarà una società di beneficenza, molto buona – molto buona! – ma niente di più». È la testimonianza ad aprire le porte di Cristo e non la buona morale, ripete Papa Francesco al termine della riflessione quotidiana, non è fare proselitismo: «Chiediamo al Signore la grazia di vivere il nostro lavoro con testimonianza e con preghiera, perché Lui, il Padre, possa attirare la gente verso Gesù».
DIRETTA MESSA SANTA MARTA
Una preghiera e la comunione spirituale come primo gesto della giornata: si rinnova anche per questa mattina l’appuntamento con Papa Francesco per la Santa Messa dalla Cappella di Casa Marta, in diretta dalle ore 7 su Rai 1-Tv2000 e video streaming RaiPlay (o YouTube Vatican News). «Il regno dei Cieli è dei perseguitati così come è dei poveri in spirito; comprendiamo così di essere arrivati al termine di un percorso unitario dipanato negli annunci precedenti», con l’Udienza Generale di ieri Papa Francesco ha concluso il lungo percorso di catechesi sulle Beatitudini iniziato prima dell’inizio della pandemia e che ha tenuto compagnia ai tanti fedeli bloccati in casa per il coronavirus. Proprio con le riflessioni circa il particolare momento di crisi mondiale che l’umanità sta attraversando è solito cominciare la Santa Messa il Papa dalla sua piccola cappella in Vaticano: dall’Europa alla politica, dagli artisti ai malati, dai cristiani alle altre religioni, dalla gente semplice fino ai carcerati e alle vittime di abusi, negli ultimi due mesi ha “abituato” il popolo in ascolto con lo streaming un breve ma chiaro pensiero per la giornata che incomincia davanti e così avverrà anche oggi.
Resta ancora l’eco per l’importante Udienza Generale cui abbiamo assistito ieri: il Papa ha parlato del “fastidio” che i cristiani gettano nel mondo per la loro semplice testimonianza di Cristo, «nelle persecuzioni dei martiri, cresce l’ostilità fino all’accanimento. Basta vedere le persecuzioni del secolo scorso, delle dittature europee: come si arriva all’accanimento contro i cristiani, contro la testimonianza cristiana e contro l’eroicità dei cristiani. Ma questo mostra che il dramma della persecuzione è anche il luogo della liberazione dalla sudditanza al successo, alla vanagloria e ai compromessi del mondo».
SANTA MESSA PAPA FRANCESCO: L’OMELIA DI IERI
Nell’attesa della nuova celebrazione di questa mattina, Papa Francesco giusto ieri ha ricordato nella Messa da Casa Santa Marta l’importanza della concretezza e la semplicità di piccoli gesti che possono fare la differenza in momenti così difficili come quelli che l’umanità è costretta a subire durante la pandemia. «La concretezza ti porta all’umiltà, perché l’umiltà è concreta. “Siamo tutti peccatori” è una cosa astratta. No: “Io sono peccatore per questo, questo e questo”. E questo mi porta alla vergogna di guardare a Gesù: “Perdonami”. Il vero atteggiamento del peccatore. «Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi» (1Gv 1,8). E un modo di dire che siamo senza peccato è questo atteggiamento astratto: “Sì, siamo peccatori, sì, ho perso la pazienza una volta…”, ma tutto “nell’aria”. Non mi accorgo della realtà dei miei peccati», spiegava nell’omelia centrale ieri il Santo Padre, salvo poi raccontare un simpatico aneddoto di un giovane che ha scritto al Papa una lettera dalla terra funestata del coronavirus, nella Bergamasca.
«Ho ricevuto una lettera di un ragazzo di Caravaggio. Si chiama Andrea. E mi raccontava cose sue. Le lettere dei ragazzi, dei bambini sono bellissime, per la concretezza. E mi diceva che aveva sentito la Messa per televisione e che doveva “rimproverarmi” una cosa: che io dico “la pace sia con voi”, “e tu non puoi dire questo perché con la pandemia noi non possiamo toccarci”. Non vede che voi [qui in chiesa] fate un inchino con la testa e non vi toccate. Ma ha la libertà di dire le cose come sono»: l’appello finale è proprio per richiedere quella semplicità di cuore che occorre per poter entrare nel Regno dei Cieli e per ottenere quel “centuplo quaggiù” promesso da Gesù.