IL GIUBILEO PER SPERARE DAVANTI AI TEMPI DI GUERRA: LA PREFAZIONE DI PAPA FRANCESCO
Se c’era un mondo intero che attendeva le Elezioni americane per capire se e cosa sarebbe potuto cambiare nelle intricate guerre internazionali è segnale, purtroppo, di uno scenario mondiale dai tratti inquietanti e violenti: alla vigilia del Giubileo 2025, Papa Francesco spiega molto bene perché la vera speranza di pace non può consistere (solo) in una risoluzione politica dei tanti soprusi e scontri internazionale. Sperare è un dono di qualcosa (anzi, di Qualcuno) che è già venuto e ha promesso con il Figlio Unigenito di essere compagnia eterna dell’uomo grazie al suo Spirito d’amore.
È breve e commovente la prefazione scritta da Papa Francesco al volume “La speranza è una luce nella notte”, una raccolta di meditazioni e preghiere del Santo Padre sulla virtù umile al centro dell’Anno Santo 2025: serve allenarci per la speranza, ripete più volte il Papa, in modo da stupirsi realmente di quanto bene esista nel mondo anche oggi in tempi di guerre, violenze e minacce. Un Giubileo dedicato anche nel titolo ai “Pellegrini di speranza”, un’occasione ottima per Papa Francesco per riflettere sulla decisiva virtù cristiana davanti ad una “terza guerra mondiale a pezzi” che dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’Africa all’Asia, rischia di travolgere l’intera civiltà umana attuale e futura.
La speranza cristiana, ribadisce Papa Francesco, è un dono e al contempo un compito che ogni cristiano si ritrova nella propria esistenza: un dono di Dio che offre all’umanità la propria virtù di fiducia nel presente. Non come “sperare” per un tempo favorevole, la speranza cristiana è una certezza: «sperare è attendere qualcosa che ci è già stato donato: la salvezza nell’amore eterno e infinito di Dio». La speranza è dunque accogliere tale regalo infinito che Dio ogni giorno intende offrire con la propria vita e tramite il proprio Spirito Santo: riconoscere di essere amati, scoprire di essere stati voluti fin dall’origine è un aiuto concreto fondamentale per evitare la logica della vendetta e della violenza, abbracciando invece il perdono d’amore incarnato da Gesù. Un dono ma anche un compito, scrive ancora Papa Francesco parlando ancora di speranza: «Il compito è quello di restare fedeli al dono ricevuto».
“SPERARE È UN DONO DI DIO”: PAPA FRANCESCO SPIEGA QUALE SIA IL COMPITO OGGI PER TUTTI I CRISTIANI
Citando gli scritti di una donna francese che testimoniò il cristianesimo nella Parigi di metà Novecento come Madeleine Delbrêl, la prefazione di Papa Francesco affronta la speranza cristiana come scelta continua di rimanere fedeli alla prima mossa fedele di Dio. Prima di noi è il Signore a fidarsi dell’uomo e il compito umano cristiano è “semplicemente” rimanere fedeli a tale fedeltà: il Papa lo dice espressamente alla vigilia del Giubileo 2025, l’umanità non deve dimenticare di non essere generatore e creatore di tale fedeltà, bensì riconoscere che è il dono di Dio ad essere vera origine di tutto.
È poi tramite lo Spirito Santo che il “dono” della speranza giunge fino a noi: sperare alle volte è una pratica impossibile, quasi “disumana”, eppure è proprio l’irrompere della luce nell’impossibilità della valenza a generare una civiltà del perdono che nonostante tutto permane anche nel mondo odierno. Papa Francesco cita il caso di due testimoni da lui incontrati, un palestinese e un israeliano che entrambi hanno perso le figlie nella pluridecennale guerra in Medio Oriente: «in nome del loro dolore, della sofferenza provata per la morte delle loro due figliolette – Smadar e Abir – sono diventati amici, anzi fratelli»· Fratelli dopo che tutto il mondo “invita” all’odio dell’altro, all’allontanare il nemico senza porre l’abbraccio come unico criterio. È proprio da incontri come questi che risulta evidente l’esistenza cristiana della speranza, di un perdono che senza il dono di Dio (e senza l’impegno umanavo) sarebbe impossibile e illogico. È solo allenandoci a questa speranza, a questo cuore – conclude Papa Francesco – che l’umanità potrà superare guerre e violenze, è solo tramite questo “stupore” che possiamo riconoscere la presenza del Bene nel mondo.