Emergono retroscena sull’intervento subìto da Papa Francesco: si è verificato un imprevisto durante l’operazione programmata per stenosi diverticolare del sigma al Policlinico Gemelli, effettuata domenica 4 luglio 2021. Essa ha infatti comportato una emicolectomia sinistra e ha avuto una durata di circa tre ore, con degenza ospedaliera di una settimana, salvo complicazioni. Come spiega “Il Corriere della Sera”, però, c’è stato un fuori programma in sala operatoria, che ha comportato la conversione da laparoscopia a open dell’operazione.



Essa, di fatto, avviene nel momento in cui il chirurgo si accorge di non potere procedere con un intervento mininvasivo come aveva pianificato, vedendosi pertanto costretto a praticare un taglio e non piccoli fori attraverso cui inserire gli strumenti endoscopici. Il professor Francesco Corcione, interpellato sul caso, ha asserito che in generale i motivi che portano alla chirurgia open sono emorragie non controllabili, presenza di aderenze viscerali, ragioni anatomiche altrimenti non rimovibili, problemi anestesiologici o complicanze, ad esempio la scoperta di aperture, non risolvibili per via laparoscopica.



PAPA FRANCESCO, IMPREVISTO IN SALA OPERATORIA: COS’È ACCADUTO?

Questo tipo di decisione, ovvero la conversione da chirurgia laparoscopica a chirurgia open, esattamente quanto accaduto durante l’intervento di Papa Francesco nella sala operatoria del Policlinico capitolino intitolato ad Angelo Gemelli, non è così frequente, tanto che il professor Corcione, su “Il Corriere della Sera”, ha evidenziato che in letteratura viene riportato il dato del 20%, ossia due interventi su dieci anziché in laparoscopia si concludono con la chirurgia in aperto, percentuale variabile a seconda dell’équipe sanitaria che interviene, ma “una squadra allenata riesce a mantenere un ritardo sui tempi di trenta minuti”.



Peraltro, non sempre la diagnosi di stenosi diverticolare è benigna: il dottor Corcione rivela che, stando ai dati scientifici, esiste il 3% di probabilità che dalla stenosi fuoriesca una diagnosi di malignità, anche se, come è facilmente intuibile, la vera certezza la si ha soltanto con l’esame istologico sul pezzo operatorio. Sino a quel momento è giusto e logico parlare di benignità.