L’APPELLO DI PAPA FRANCESCO ALLA CHIESA IN CANADA

Un momento cruciale della visita di Papa Francesco in Canada è stato l’incontro in Quebec con la tutte le componenti della Chiesa canadese: non solo perché nel momento di massima critica e polemica oltre Oceano (contro le presunte mancanze e abusi messe in campo dalla Chiesa locale nei decenni precedenti) il Santo Padre si presenta davanti a sacerdoti, diaconi e vescovi per “destarli” nelle tenebre di protesta in cui rischiano di finire. Ma è proprio l’invito fatto da Papa Francesco ad una Chiesa «non pessimista» per il futuro davanti che spalanca l’orizzonte ben al di fuori dei confini pur enormi del Canada. Celebrando i vespri con la Chiesa canadese nella splendida Cattedrale di Notre Dame a Quebec, il Pontefice sottolinea come «La Chiesa sarà credibile testimone del Vangelo quanto più i suoi membri vivranno la comunione, creando occasioni e spazi perché chiunque si avvicini alla fede trovi una comunità ospitale, che sa ascoltare ed entrare in dialogo, che promuove una qualità buona delle relazioni». Dopo le forti critiche lanciate ancora ieri dal Governo canadese, il Santo Padre non fa altro che ripetere quanto già dimostrato ad inizio del viaggio apostolico: «Penso in particolare agli abusi sessuali commessi contro minori e persone vulnerabili, scandali che richiedono azioni forti e una lotta irreversibile. Io vorrei, insieme a voi, chiedere ancora perdono a tutte le vittime. Il dolore e la vergogna che proviamo deve diventare occasione di conversione: mai più!».



Secondo Papa Francesco, quando ancora oggi osserviamo la cultura in cui siamo immersi, i suoi linguaggi e i suoi simboli, «occorre stare attenti a non restare prigionieri del pessimismo e del risentimento, lasciandoci andare a giudizi negativi o a inutili nostalgie»: secondo il Santo Padre esistono due sguardi possibili nei confronti del mondo in cui viviamo, «uno lo chiamerei “sguardo negativo”; l’altro “sguardo che discerne”». Il primo nasce da una fede “in difesa” dal mondo, un’accusa continua alla realtà davanti del tipo “il mondo è cattivo, regna il peccato”, ma rischia così secondo il Papa di «rivestirsi di uno “spirito da crociata”. Stiamo attenti a questo, perché non è cristiano; non è infatti il modo di fare di Dio». La Chiesa e l’insegnamento di Cristo danno un’altra linea: «Se ci fermiamo a uno sguardo negativo, invece, finiremo per negare l’incarnazione, perché fuggiremo la realtà, anziché incarnarci in essa. Ci chiuderemo in noi stessi, piangeremo sulle nostre perdite, ci lamenteremo continuamente e cadremo nella tristezza e nel pessimismo: tristezza e pessimismo non vengono mai da Dio. Siamo chiamati, invece, ad avere uno sguardo simile a quello di Dio, che sa distinguere il bene ed è ostinato nel cercarlo, nel vederlo e nell’alimentarlo».



LE 3 SFIDE DELLA CHIESA: GESÙ, TESTIMONIANZA E FRATERNITÀ

Il Papa ai vescovi e preti in Canada ha intimato il bisogno di tornare ad annunciare il Vangelo per donare veramente agli uomini e alle donne di oggi «la gioia della fede»: «Ma questo annuncio non si dà anzitutto a parole, bensì attraverso una testimonianza traboccante di amore gratuito, come fa Dio con noi». Sono tre le sfide lanciate da Papa Francesco affinché la Chiesa possa portar avanti nella preghiera anche lo spirito pastorale: «La prima sfida: far conoscere Gesù. Nei deserti spirituali del nostro tempo, generati dal secolarismo e dall’indifferenza, è necessario ritornare al primo annuncio». Occorre trovare vie nuove per annunciare il cuore del Vangelo a quanti non hanno ancora incontrato Cristo, intima in più passaggi dell’omelia il Santo Padre, «Ciò presuppone una creatività pastorale per raggiungere le persone là dove vivono, non aspettando che siano loro a venire: là dove vivono, trovando occasioni di ascolto, di dialogo e di incontro».



La seconda strada è la testimonianza dura e pura: «Il Vangelo si annuncia in modo efficace quando è la vita a parlare, a rivelare quella libertà che fa liberi gli altri, quella compassione che non chiede nulla in cambio, quella misericordia che senza parole parla di Cristo. La Chiesa in Canada ha iniziato un percorso nuovo, dopo essere stata ferita e sconvolta dal male perpetrato da alcuni suoi figli». Occorre superare la cultura dell’esclusione, rilancia il Papa: «occorre che iniziamo noi: i pastori, che non si sentano superiori ai fratelli e alle sorelle del Popolo di Dio; che i consacrati vivano la fraternità e la libertà nell’obbedienza nella comunità; che i seminaristi siano pronti a essere servitori docili e disponibili e che gli operatori pastorali non intendano il loro servizio come potere. Si inizia da qui. Voi siete i protagonisti e i costruttori di una Chiesa diversa:». Infine, la terza sfida è quella della fraternità: «La Chiesa sarà credibile testimone del Vangelo quanto più i suoi membri vivranno la comunione, creando occasioni e spazi perché chiunque si avvicini alla fede trovi una comunità ospitale, che sa ascoltare, che sa entrare in dialogo, che promuove una qualità buona delle relazioni». Il Pontefice chiudendo i vespri in Quebec ricorda come «sono soltanto alcune sfide. Non dimentichiamo che possiamo portarle avanti solo con la forza dello Spirito, che sempre dobbiamo invocare nella preghiera. Non lasciamo invece entrare in noi lo spirito del secolarismo, pensando di poter creare progetti che funzionano da soli e con le sole forze umane, senza Dio. È un’idolatria, questa, idolatria dei progetti senza Dio. E, mi raccomando, non chiudiamoci nell’“indietrismo” ma andiamo avanti, con gioia!».