«Se passa il Ddl Zan, la legge contro l’omotrasnfobia, Papa Francesco rischia di essere indagato»: a tuonare dalle colonne di Libero Quotidiano è Antonio Socci, giornalista cattolico spesso in polemica con il Pontificato di Bergoglio ma oggi intento a sottolineare tutti i rischi e i pericoli per la libertà di espressione. «C’è chi in Vaticano si pone con inquietudine una domanda: perfino il Papa potrebbe domani essere inquisito – in via di principio – in base alla legge appena presentata in Parlamento sull’omotransfobia?». Non solo, per Socci il rischio vi sarebbe anche per preti, vescovi e fedeli che ne riportino il magistero: il Governo sostiene che non vi sono timori per la libertà di parola, eppure il Cardinal Ruini e il Senatore Quagliariello sostengono il contrario, «nel Ddl Zan chi esprime un’opoinione senza usare violenza e offendere può essere incriminato […] è un tipico esempio di dittatura del relativismo», spiega il cardinale citando Papa Ratzinger.



Secondo il giornalista di Libero, «la fattispecie dei reati, in questo Ddl, è così generica che la critica – per esempio – al matrimonio omosessuale o alla teoria del genere o ad altre richieste Lgbt, potrebbe domani essere impugnata e giudicata come “discriminazione” o “istigazione all’odio”». Tra i punti maggiormente delicati (e criticati) dall’opposizione riguarda il carcere per le discriminazioni e anche, in caso di messa alla prova dell’imputato, che il lavoro di pubblica utilità «potrà essere svolto presso associazioni Lgbt».



LE FRASI “INCRIMINATE” DEL PAPA

Secondo Socci il forte timore è che non sia chiaro dover inizi la libertà di critica e dove invece sia istigazione all’odio: secondo il relatore della legge anti-omofobia Alessandro Zan quel limite non è a rischio, per Ruini e Socci invece è proprio quello il punto nodale. E così il giornalista ex Sabato pubblica su Libero diverse frasi dette da Papa Francesco lungo il corso del Pontificato dal 2013 ad oggi sui temi “delicati” e normati dalla prossima legge Zan: «La Chiesa, pur rispettando le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay», spiegava il Pontefice, ribadendo poi all’assemblea generale della Cei il 23 maggio 2018 «Se c’è il dubbio di omosessualità, meglio non far entrare un ragazzo in seminario. Se avete anche il minimo dubbio, è meglio non farli entrare».



Per Socci altre frasi secondo cui il Papa “rischia” di essere intaccato dalla legge in discussione in Parlamento riguardano ancora l’ordinazione sacerdotale: «Sarebbe gravemente disonesto che un candidato occultasse l a propria omosessualità per accedere, nonostante tutto all’ordinazione. Un atteggiamento così inautentico non corrisponde allo spirito di verità, di lealtà, e di disponibilità che deve caratterizzare la personalità di colui che ritiene di essere chiamato a servire Cristo». Nell’Amoris Laetitia il Papa infine scriveva «Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina». Ecco, conclude Socci, d’ora in poi «si potranno dire ancora queste cose?».