Era l’8 luglio 2013 quando il da poco eletto Papa Francesco volle incontrare la terra di Sicilia nell’Isola di Lampedusa, porto di sbarco per tutto il Mediterraneo di migranti e rifugiati: oggi il Pontefice ha celebrato una Santa Messa nella Cappella di Casa Santa Marta nel settimo anniversario di quell’incontro storico, “anticipatore” della lunga drammatica stagione di sbarchi nei porti italiani. «La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione, illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza», ripeteva Papa Bergoglio nell’omelia del 2013 con passaggio ripreso anche oggi nella predica a Santa Marta.



Il Papa manda un nuovo avviso alle autorità e all’Europa, poche ore dopo la “svolta” sul caso Ocean Viking a Porto Empedocle (con il trasferimento di 180 migranti sulla nave-quarantena Moby Zaza dopo 11 giorni a bordo della nave di Sos Mediterranee): «L’incontro con l’altro è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare».



PAPA FRANCESCO E I MIGRANTI

«In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me», lo diceva il Signore nel Vangelo di Matteo (25,40) e su quel passo Papa Francesco ha incentrato l’intera omelia di oggi. «Tutto quello che avete fatto lo avete fatto a me», ribadisce il Papa citando il Vangelo, «Dovremmo usarlo tutti come punto fondamentale del nostro esame di coscienza, quello che facciamo tutti i giorni. Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti».



Il Santo Padre ricorda poi il dramma della situazione in Libia dove nei campi di detenzione si assistono a soprusi e angherie di ogni genere: è sempre il Papa nella Santa Messa a raccontare un aneddoto sull’incontro con alcuni profughi proprio 7 anni fa a Lampedusa «Uno raccontava cose terribili nella sua lingua, e l’interprete sembrava tradurre bene; ma questo parlava tanto e la traduzione era breve. “Mah – pensai – si vede che questa lingua per esprimersi ha dei giri più lunghi”. Quando sono tornato a casa, il pomeriggio, nella reception, c’era una signora – pace alla sua anima, se n’è andata – che era figlia di etiopi. Capiva la lingua e aveva guardato alla tv l’incontro. E mi ha detto questo: “Senta, quello che il traduttore etiope Le ha detto non è nemmeno la quarta parte delle torture, delle sofferenze, che hanno vissuto loro».

Il Papa avverte, «ci danno la versione distillata» su quanto succede in Libia, mentre in realtà nel Nord Africa ormai si assiste ad un vero e proprio inferno: «voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione. E questa gente veniva soltanto con la speranza e di attraversare il mare. La Vergine Maria, Solacium migrantium, ci aiuti a scoprire il volto del suo Figlio in tutti i fratelli e le sorelle costretti a fuggire dalla loro terra per tante ingiustizie da cui è ancora afflitto il nostro mondo».