Si chiama “Dio e il mondo che verrà” ed è il nuovo libro-intervista di Papa Francesco nella conversazione con il vaticanista de La Stampa Domenico Agasso jr. Oggi sulla prima pagina del quotidiano di Torino campeggiano ampi stralci del nuovo volume con al centro il Pontefice appena tornato dallo storico viaggio in Iraq. Francesco teorizza quello a cui probabilmente nei prossimi mesi/anni potremmo assistere nella rinascita del mondo “post Covid”: ecologia e solidarietà, sono questi i due pilastri secondo Papa Francesco che dovranno “incardinarsi” nel nuovo mondo dopo la terribile pandemia.



«Il mondo non sarà più come prima. […] la via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo». Un cambiamento non solo di situazione generale ma anche di “comportamenti” e stili di vita: «svolta economica verso il verde, cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame potremo condurre un’esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse». Serve uscire nelle periferie e “ricostruire dalle macerie” che questa pandemia ha definitivamente generato: «Ma ciascuno di noi, non solo i governanti, è chiamato a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze con la delinquenza. E’ tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni».



IL NUOVO MONDO DOPO IL COVID SENZA ARMI

Ancora una volta Papa Francesco si dimostra inflessibile sul modello economico dominante che è stato messo a serio rischio e in discussione dalla pandemia Covid: nel libro-intervista con Agasso afferma «se la finanza si riuscirà a sanarla dalla mentalità speculativa dominante e ristabilirla ‘con un’anima’, secondo criteri di equità, si potrà puntare all’obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no». Serve ristabilirla con un’anima nuova, «secondo criteri di equità, si potrà puntare all’obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no». Siamo di fronte ad una “zizzania planetaria” che sta «soffocando sul nascere il futuro dell’umanità», per questo Papa Francesco chiede «un’azione politica frutto di concordia internazionale. Fraternamente uniti, gli esseri umani sono in grado di affrontare le minacce comuni, senza più controproducenti recriminazioni reciproche, strumentalizzazioni di problemi, nazionalismi miopi, propagande di chiusure, isolazionismi e altre forme di egoismo politico».



Sull’ambiente occorre un nuovo modo di guardare alla Casa comune, «non più come un magazzino di risorse da sfruttare, ma un giardino sacro da amare e rispettare, attraverso comportamenti sostenibili. E poi, c’è una presa di coscienza tra i giovani, in particolare nei movimenti ecologisti. Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo cura immediatamente della Terra, con scelte personali e politiche radicali, con una svolta economica verso il “verde” e indirizzando in questa direzione le evoluzioni tecnologiche, prima o poi la nostra Casa comune ci butterà fuori dalla finestra. Non possiamo più perdere tempo».

Appello finale ai giovani e contro le armi: nel primo caso, «forse mai come in questo terzo millennio le nuove generazioni sono quelle che pagano il prezzo più alto della crisi economica, lavorativa, sanitaria e morale. Ma piangersi addosso non porta a nulla, anzi, così la crisi avrà la meglio. Invece continuando a battersi come tanti stanno già facendo, i ragazzi non rimarranno inesperti, acerbi e immaturi. Non si fermeranno nella ricerca di occasioni. E poi, c’è la conoscenza. Nella Genesi leggiamo che il Signore, dopo avere creato il cielo e la terra, prende l’uomo e lo pone nel giardino di Eden, perché lo coltivi e lo conosca. Non lo mette in pensione, o in vacanza, o in villeggiatura, o sul divano: lo manda a studiare e a lavorare».

Sul fronte “armi” invece il Papa si fa durissimo: «Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Non si può più far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente. È un ciclo che impedisce la riconciliazione, alimenta le violazioni dei diritti umani e ostacola lo sviluppo sostenibile».