Le dimissioni del cardinal Reinhard Marx aveva scoperchiato definitivamente il “caos” nella Chiesa Cattolica in Germania, e non solo: ora però Papa Francesco con una lettera respinge ufficialmente le medesime dimissioni del prelato tedesco, invitandolo a continuare invece la missione come Arcivescovo di Monaco e Frisinga. Il tema degli abusi pedofili in Germania che coinvolgono decenni di gestione della Chiesa sono stati la goccia finale per far scattare la “mossa” provocatoria del cardinale progressista, molto vicino al magistero di Papa Bergoglio: una denuncia contro il “potere oscuro” e una stilettata alla Chiesa conservatrice che non accetta le riforme considerate necessarie da Marx e molti altri prelati tedeschi (benedizioni coppie LGBT, sacerdozio femminile, abolizione celibato preti).



Tutto questo viene però rifiutato gentilmente da Papa Francesco con una lettera scritta in spagnolo (qui sotto in forma integrale grazie al tweet del vaticanista del “Foglio” Matteo Matzuzzi): viene lodato il “coraggio” del cardinal Marx ma anche respinto il tentativo di farsi da parte come gesto di protesta. «Coraggio cristiano che non teme la croce, che non teme di essere umiliato davanti alla tremenda realtà del peccato», scrive il Santo Padre ricordando come tutta la Chiesa «è in crisi a causa della vicenda degli abusi». Ma tale crisi non può essere affrontata “facendosi da parte” e così il Papa intima il cardinale tedesco ad «assumersi questa crisi perché la politica dello struzzo non porta da nessuna parte, e la crisi deve essere assunta dalla nostra fede pasquale. I sociologismi e gli psicologismi sono inutili».



IL PAPA AL CARDINALE: “NON SI ESCE DALLA CRISI DA SOLI”

Assumersi la crisi, scrive ancora Papa Francesco nella lettera in risposta alle dimissioni di Marx, «personalmente e comunitariamente, è l’unica via fruttuosa perché non si esce da una crisi da soli ma in comunità». Di contro, il Pontefice si dice concorde con la lettura fatta dal cardinale di Monaco in merito alla triste vicenda degli abusi sessuali nella Chiesa: «Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo in cui viviamo la nostra fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo fare. Dobbiamo farci carico della storia, sia personalmente che come comunità. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questo crimine. Accettare significa mettersi in crisi». Alla Chiesa di Dio e a tutti gli uomini e le donne fedeli viene chiesta una “riforma” che non è un “nuovo scisma” ipotizzato da diversi vescovi tedeschi, «non consiste in parole ma in atteggiamenti che hanno il coraggio di affrontare la crisi, di assumere la realtà qualunque siano le conseguenze. E ogni riforma comincia da sé stessi. La riforma nella Chiesa è stata fatta da uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore».



GLI “IDEOLOGI DELLA RIFORMA” E IL PARAGONE CON CRISTO

Il rischio con una modalità iniziata dal cardinal Marx è quello, avvisa il Papa, di trovarsi come degli «ideologi della riforma che non mettono in gioco la propria carne, come invece ha fatto Gesù, che lo ha fatto con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne sulla croce». È la via dello Spirito quella indicata dalla Chiesa e dal rappresentante di San Pietro in terra: è quella che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è la serena ma umile confessione. Scrive Bergoglio: «abbiamo sbagliato, abbiamo peccato. Né i sondaggi né il potere delle istituzioni ci salveranno. Non ci salverà il prestigio della nostra Chiesa, che tende a nascondere i suoi peccati; non ci salverà il potere del denaro o l’opinione dei media (così spesso siamo troppo dipendenti da loro). Ci salveremo aprendo la porta a Colui che può farlo e confessando la nostra nudità: ‘ho peccato’, ‘abbiamo peccato’… e piangendo, e balbettando come meglio possiamo quel ‘allontanati da me, perché sono un peccatore’, l’eredità che il primo Papa ha lasciato ai Papi e ai Vescovi della Chiesa». Solo professando la nostra vergogna, sarà possibile ricevere la rigenerazione della «compassione e alla tenerezza del Signore che è sempre vicino a noi». La lettera del Papa si conclude con un’immagine legata al Vangelo: «Se sei tentato di pensare che, confermando la tua missione e non accettando le tue dimissioni, questo Vescovo di Roma (tuo fratello che ti ama) non ti capisce, pensa a quello che Pietro ha provato davanti al Signore quando, a modo suo, ha presentato le sue dimissioni presentandosi come un peccatore e si è sentito rispondere “Pasci le mie pecorelle”»