SVOLTA NEL DIALOGO CINA-VATICANO: PAPA FRANCESCO RICONOSCE SHEN BIN COME VESCOVO DI SHANGHAI
La nomina lo scorso aprile di Mons. Giuseppe Shen Bin come nuovo vescovo di Shanghai in Cina aveva sollevato nuovamente un putiferio nel già complesso dialogo-rapporto tra Cina e Vaticano in quanto il prelato, già vescovo di Haimen e Presidente della Collegio dei vescovi cattolici cinesi dall’agosto 2022 (organo non riconosciuto ufficialmente da Roma ma la cui nomina era comunque stata accettata dalla Santa Sede, ndr), si era già insediato per la scelta unilaterale del Partito Comunista Cinese guidato da Xi Jinping. Ebbene nelle scorse ore la svolta attesa ma non “automatica” arriva dalla Santa Sede con Papa Francesco che annuncia la nomina (e dunque il riconoscimento pieno) di Shen Bin come nuovo vescovo di Shanghai.
Il comunicato del Vaticano è breviassimo e inserito nel consueto bollettino quotidiano di “rinunce e nomine”: «Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Shanghai, in Cina continentale, S.E. Mons. Giuseppe Shen Bin, trasferendolo dalla Diocesi di Haimen, provincia di Jiangsu». Ma in quelle poche righe stringate vi è di fatto la “ricucitura” dello strappo iniziato dalla Cina con la nomina senza prima concordarsi con la Chiesa Cattolica che infatti lamentava negli scorsi mesi di aver appreso la notizia dai media. Il recente rinnovo dell’Accordo tra Cina e Vaticano – fino al 2024, rinnovabile ogni due anni – sembrava aver “disteso” gli animi nei rapporti con un Paese che, al netto degli sforzi diplomatici della Chiesa di Francesco, prosegue a perseguitare sacerdoti e laici che non si riconoscono nelle due autorità approvate da Pechino, l’Associazione patriottica e la Conferenza dei vescovi.
L’AVVISO DELLA CHIESA ALLA CINA: “RISPETTARE L’ACCORDO”. PECHINO LO FARÀ?
Passati pochi mesi dall’accordo tra la Cina di Xi Jinping e la Santa Sede con il cardinale Parolin, Segretario di Stato, lo “strappo” era giunto proprio con Mons. Shen Bin nominato vescovo di Shanghai senza minimamente consultare il Vaticano. Il tema non riguarda tanto la persona in sé – Mons. Joseph Shen Bin, da vescovo di Haimen è stato più volte nel recente passato in visita in Italia dove ha anche fatto visita alla tomba di San Pietro in Vaticano – ma sulla mancanza di dialogo venendo meno allo spirito cardine dell’Accordo appena rinnovato.
La strategia del Papa è stata allora quella di ridurre lo strappo 100 giorni dopo la nomina unilaterale, accompagnando il tutto però con l’intervista rilasciata ai media vaticani dal cardinale Pietro Parolin dove il Segretario di Stato vaticano si spiega con chiarezza «Come si ricorderà l’Accordo è stato prorogato per un altro biennio il 22 ottobre 2022. Circa un mese dopo, la Santa Sede ha dovuto esprimere sorpresa e rammarico per la notizia dell’installazione di monsignor Giovanni Peng Weizhao, vescovo di Yujiang, come ausiliare di Jiangxi, non riconosciuta dalla Santa Sede e senza che quest’ultima sia stata né consultata né informata. Per quanto riguarda invece Shanghai – rileva Parolin –, la Santa Sede è stata informata del provvedimento adottato dalle Autorità cinesi di trasferire monsignor Giuseppe Shen Bin, vescovo di Haimen, ma, ancora una volta, non è stata coinvolta. La decisione di prendere tempo prima di commentare pubblicamente il caso va attribuita alla necessità di valutare attentamente sia la situazione pastorale della Diocesi di Shanghai, che è riconosciuta dalla Santa Sede e che da troppo tempo era senza vescovo, sia l’opportunità di trasferire monsignor Shen Bin, pastore stimato».
È ancora il Segretario di Stato che aggiunge, facendo ben intuire il messaggio che il Papa intende lanciare alla Cina (dopo la fresca nomina a cardinale di Stephen Chow Sau-yan, attuale vescovo di Hong Kong) «Francesco ha deciso di sanare l’irregolarità canonica, in vista del maggior bene della diocesi e del fruttuoso esercizio del ministero pastorale del vescovo che potrà così operare con maggior serenità per promuovere l’evangelizzazione e favorire la comunione ecclesiale». Da ultimo, il Card. Parolin chiede a Shen Bin di agire assieme alle autorità di Pechino per «favorire una soluzione giusta e saggia di alcune altre questioni pendenti da tempo nella diocesi, come – per esempio – la posizione dei due vescovi ausiliari, mons. Taddeo Ma Daqin, tuttora impedito, e mons. Giuseppe Xing Wenzhi, ritirato». Nella lunga intervista a Vatican News Parolin ricorda infine come siano ancora 3 le questioni aperte della Chiesa in Cina: «la Conferenza episcopale, la comunicazione dei Vescovi cinesi con il Papa, l’evangelizzazione. Abbiamo firmato un Accordo che può essere definito storico – conclude il segretario di Stato – che ha bisogno però di essere applicato integralmente e nella maniera più corretta possibile. Oggi abbiamo bisogno della buona volontà, del consenso e della collaborazione, che ci hanno permesso di stipulare questo patto lungimirante. La Santa Sede è decisa a fare la sua parte perché il cammino continui».