La visita di Papa Francesco in Iraq, che comincia oggi, è già storica. Non solo per il coraggio di recarsi in una delle regioni più pericolose della Terra, ma anche per il significato di riconciliazione tra musulmani e cristiani dopo la violenza devastante dell’Isis (che colpì in ugual misura ogni minoranza irachena), infine per il significato storico e spirituale: l’Iraq è la terra di Abramo, dove Dio strinse il suo patto di alleanza con l’uomo, riconosciuto tale da cristiani e musulmani. Lo scorso Natale Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, la più numerosa comunità cristiana irachena, ci confidò come “non solo i cristiani, ma tutto il popolo iracheno è emozionato per questa visita”. Lo conferma oggi Lorenzo Ossoli, responsabile dei progetti Avsi in Iraq, che parteciperà alla messa nello stadio di Erbil il 7 marzo, ultimo giorno della visita papale: “Francesco darà forza alla scintilla di speranza che si sta riaccendendo in Iraq. Anche se non è facile ricucire ferite storiche che si trascinano da secoli, il messaggio di fratellanza che porta il Papa è molto importante e atteso, un messaggio che dice: guardiamo insieme alla pace perché alla fine siamo tutti fratelli”.



Lei in che parte dell’Iraq si trova adesso? Riuscirà a prendere parte alla visita del Pontefice in Iraq?

Al momento sono a Erbil, nel Kurdistan iracheno, e conto di andare alla messa nello stadio, l’ultima tappa del suo viaggio dopo la visita a Qaraqosh, nella piana di Ninive.

Erbil ultimamente è stata al centro di scontri, c’è stato un lancio di missili contro le strutture militari americane e della Nato. Qual è il livello di pericolosità?



Tutto l’Iraq è pericoloso. Finora Erbil non è stata una zona particolarmente pericolosa, c’è stato ultimamente questo lancio di missili che ha causato danni alla base militare vicina all’aeroporto e qualche missile è anche caduto nella zona urbana circostante.

Ci saranno misure di sicurezza straordinarie, ma è possibile che gli estremisti islamici e le milizie filo-iraniane arrivino a osare un attacco al Papa?

Non sono un esperto di geopolitica, sono cose difficili da affermare. Che ci sia una apertura all’accoglienza del popolo iracheno al Papa al di là delle differenze religiose, è vero. Poi come ragionino gli estremisti è sempre difficile da prevedere, ma da come la popolazione è in attesa di questa visita è fuor di dubbio quanto apprezzi il messaggio di pace e di fratellanza che Francesco ha lanciato.



Il numero dei cristiani iracheni si è drasticamente ridotto: al tempo di Saddam erano oltre un milione, oggi sarebbero circa 300mila, le risulta?

Purtroppo è vero. Durante la guerra contro Daesh effettivamente l’Isis si è accanito contro tutte le minoranze religiose, colpendo furiosamente anche quella cristiana. È stato un momento di grande sofferenza e paura, che sussiste ancora, tanto che molti cristiani iracheni hanno preferito lasciare il paese, emigrando piuttosto che affrontare questi rischi. A maggior ragione il valore di questa visita del Papa serve per dare coraggio e speranza.

Francesco andrà nella piana di Ninive. Perché è così significativa?

È una zona storicamente abitata dai cristiani, lì ci sono conventi più che millenari, una presenza antichissima delle comunità cristiane.

Che progetti segue l’Avsi in Iraq?

Lavoriamo sia nel Kurdistan iracheno che nella piana di Ninive. Siamo a Qaraqosh, dove andrà il Papa, uno dei centri della presenza cristiana completamente distrutto dall’Isis e da cui la popolazione cristiana è fuggita. Dopo la fine dello Stato islamico nel 2017-18 abbiamo riaccompagnato chi è voluto tornare, circa 25mila persone, aiutando a ricostruire le case e le scuole per i bambini.  Poi con il programma finanziato da Usa e cooperative italiane abbiamo sostenuto la rinascita delle fattorie e delle imprese agricole, che qui sono la base economica. Abbiamo aiutato più di 100 allevatori a ricostruire le loro imprese. Quando siamo arrivati c’era un solo veterinario, adesso sono più che sestuplicati.

I rapporti con i musulmani come sono?

Decisamente buoni, ad esempio a Qaraqosh stiamo operando nelle cittadine limitrofe, che sono in prevalenza musulmane, e stiamo operando anche in appoggio di queste famiglie, oggetto anche loro di vessazioni da parte dell’Isis.

Cosa vedono musulmani e cristiani nella visita di Francesco?

Il Papa può dare speranza e già adesso accendere questa scintilla di speranza è molto importante. Il messaggio di fratellanza che ha lanciato è molto importante, anche se non è facile comunque ricucire ferite profonde, però sicuramente un messaggio che ricorda come siamo tutti fratelli è il fondamento per la pace.

(Paolo Vites)

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