C’è sconcerto e anche malumore tra i cattolici ucraini dopo aver sentito Papa Francesco parlare del desiderio di andare a parlare con il presidente russo Putin. “Non capiscono il significato di una dichiarazione come questa” ci ha detto in questa intervista padre Teodosio Hrenvicario generale dell’esarcato apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia.



“Il desiderio del Santo Padre è un desiderio nobile, ma parlar di pace riteniamo sia ancora prematuro. Ogni giorno i russi uccidono centinaia di donne e bambini, da parte loro non c’è mai stato alcun gesto concreto a favore della pace, non hanno smesso di bombardare l’Ucraina neanche il giorno di Pasqua impedendo ai nostri fedeli di andare a messa”. Pace a qualunque costo? No, per gli ucraini, anche religiosi, non è accettabile: “I russi devono prima fare un passo indietro. Putin è capace di farlo? Dio è buono ma anche giusto. Non vogliamo sacrificare centinaia di migliaia di persone per nulla”.



Dopo le parole del Papa in cui ha espresso il suo desiderio di incontrare Putin, l’ambasciatore russo presso la Santa Sede ha commentato che “in qualsiasi situazione internazionale il dialogo con il Pontefice è importante. Per noi e lui è sempre un gradito e desiderato interlocutore”. Cosa ne pensa? Si apre uno spiraglio o sono solo parole diplomatiche?

Per rispondere bisogna fare un’altra domanda e cioè chiedersi che comportamento da parte russa abbiamo visto fino ad adesso da parte dei politici e diplomatici. Hanno dimostrato la volontà di dialogare? Hanno fermato almeno per la Pasqua i bombardamenti per lasciare che i cristiani ucraini potessero celebrare la messa? Non abbiamo visto alcun segno di volontà, mi sembrano solo parole dettate da esigenze diplomatiche.



Monsignor Lachovicz, esarca apostolico per i cattolici ucraini in Italia, ha detto che l’annuncio del Papa ha suscitato malumore tra gli ucraini. Che tipo di malumore e perché?

Io sono vicario generale del nostro esarca apostolico, confermo quello che ha detto. Gli ucraini sono molto sensibili a questo argomento, ma una cosa è cercare di costruire la pace, un’altra fare la pace a qualsiasi prezzo. Le parole del Pontefice hanno scatenato reazioni perché i nostri fedeli non riescono a capirne fino in fondo il significato. Come vicariato apostolico cerchiamo di aiutare a capire che il desiderio del Papa è un desiderio nobile e anche noi vogliamo costruire la pace, non è cristiano chiudersi senza perdonare.

Non siete pronti alla pace perché vorrebbe dire arrendersi alle condizioni dei russi?

Pensiamo che il tempo per parlare di fare la pace sia prematuro, perché per costruire la pace bisogna avere un interlocutore che voglia almeno fermare la guerra. È difficile adesso parlare di perdono e pace quando ogni giorno donne e bambini vengono uccisi.

Certo, ma il Papa vuole incontrare Putin proprio per questo, per chiedergli di fermare  la guerra, non per dettare condizioni. 

È un desiderio molto bello e importante fare tutto il possibile per fermare la guerra. Se questo desiderio avrà frutto, se potrà contribuire a instaurare la pace, cioè che la guerra cessi, bene: è quello che vogliamo, anche noi. Ma chiediamo che i russi facciano un passo indietro. È capace Putin di farlo? Il popolo russo che a stragrande maggioranza sostiene il proprio governo, saprà farlo? Noi ucraini vogliamo una pace giusta, Dio è buono ma anche giusto.

Colpiscono le parole usate dal Papa. “Io sono un prete, che cosa posso fare? Faccio quello che posso”. Parole di grande umiltà per l’autorità di oltre un miliardo di fedeli definirsi solo un prete, ma anche un po’ scoraggiate. Che ne pensa?

Il Santo Padre ha già fatto tantissimo dal primo giorno di guerra. Ogni domenica predico sul tema del perdono e della pace. Come sacerdoti ucraini stiamo preparando il terreno, dobbiamo aiutare i nostri fedeli a sradicare l’odio. Capisco il disagio del Papa: oltre che prete è padre di tutti i cristiani, e sa che deve rimanere un padre per tutti, per buoni e cattivi, ed è difficile dire le cose come stanno. Il Santo Padre come un sacerdote qualunque fa tutto il possibile per essere un interlocutore. In questi due mesi di guerra è diventato ambasciatore della pace. Gli ucraini però non accettano qualche passo fatto dal Vaticano perché ritengono sia prematuro. Le persone non sono pronte adesso a parlare di perdono e riconciliazione perché la guerra sta andando avanti. Come ha detto il nostro arcivescovo, “per parlare di perdono dobbiamo rimanere vivi”.

(Paolo Vites)

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