BANGKOK (Thailandia) — Nella cittadella cattolica assediata da hotel e grattacieli nel cuore di Bangkok, Plee scuote i lunghi capelli neri, lisci come fili di seta, inchinandosi con grazia invidiabile. Le mani unite, segno di supplica in occidente, elegante saluto che sfiora la fronte da questa parte del mondo. La voce è un soffio. Lei, buddista, si trova catapultata nella Gmg thailandese, mischiata alle migliaia di ragazzi che da ore aspettano il Papa, nel complesso della cattedrale dell’Assunzione. Al dito ha un rosario in argento.
Racconta che aveva dolori fortissimi alla schiena, ha iniziato a pregare la Madonna e poi Gesù. E alla fine i dolori sono spariti. Non sa bene cosa le piaccia del cristianesimo, ma le dà da pensare il fatto che per diventare monaco buddista bastino poco più di due mesi in un tempio, mentre il cammino per il sacerdozio duri anni. Le sembra più serio. E più profondo. Se le si chiede cosa le piace di Francesco, risponde che si vede che è un uomo buono, ma soprattutto gentile. La gentilezza da queste parti è un valore prezioso. È la forza che contribuisce all’armonia dell’universo.
Plee, invitata da amici cattolici alla messa con Papa, ultimo evento della visita di Bergoglio in Thailandia, si ritira in un angolo del cortile per partecipare all’evento. E a suo modo fa parte della bellezza dell’istante. Giovani arrivati dalle diocesi sulle montagne, quelle del miracolo missionario, con numeri record di convertiti tra le tribù indigene, ragazzi delle scuole portate avanti dalle congregazioni religiose ormai quasi completamente formate da vocazioni autoctone, gruppi parrocchiali e scout. Tutti disseminati negli spazi intorno alla chiesa in mattoni rossi, con le torri che svettano gemelle, infiorate da bandiere e stendardi gialli. Un popolo giovane che aspetta Francesco ed è pronto a stringersi intorno a lui per contare e non essere solo numeri.
Quando arriva alcuni gli lanciano la maglietta che è diventata un must: l’avatar di Francesco che sorride beato dietro una croce, costellata di volti giovani illuminati dalla fede, accompagnata da un frate cireneo, anche lui gioioso. È il simbolo di una chiesa giovane pronta a seguire il Papa quando invita a rimanere radicati nelle fede degli anziani e dei nonni, non per restare prigionieri del passato, ma per imparare che il segreto di un cuore felice è l’essere ancorati a Cristo. Senza questo radicamento si può rimanere sconcertati dalle “voci” del mondo, dalle allettanti proposte “ben truccate”, belle e intense all’inizio, vuote e stanche con il passare del tempo.
Ai giovani al termine dei tre giorni tailandesi, il Papa lascia il mandato per costruire una comunità che seppur minoranza, sappia parlare con tutti, attrarre per indiscutibile bellezza e crescere in santità. Coltivare l’amicizia con Gesù, invece che l’infelicità.