Ieri, domenica 12 settembre, è stata una giornata molto importante per un gran numero di cattolici dell’Est Europa.
Mentre in Polonia veniva finalmente beatificato il cardinal Stefan Wyszyński (la cerimonia inizialmente prevista per giugno 2020 era stata rimandata per la pandemia), papa Francesco ha prima presenziato alla Messa di chiusura del 52esimo Congresso eucaristico internazionale, in una gremitissima Piazza degli Eroi a Budapest; successivamente si è recato in Slovacchia, dove rimarrà fino a mercoledì 15 settembre.
Davanti agli oltre 130mila partecipanti alla Messa di Budapest, durante l’Angelus che ha chiuso definitivamente la sua rapida apparizione in Ungheria, papa Francesco ha usato l’immagine della croce per sottolineare il grande attaccamento alle tradizioni del popolo ungherese, invitandolo però allo stesso tempo a non chiudersi, affinché “la croce sia il vostro ponte tra passato e futuro! Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. Il mio augurio è che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi”. Il riferimento a certo integralismo ideologico molto diffuso nel paese di Viktor Orbán è diretto, ma il tono di Francesco è chiaramente quello del pastore preoccupato per la salute spirituale del suo gregge.
Nel pomeriggio il pontefice è arrivato a Bratislava, dove è stato accolto dalla presidentessa Zuzana Čaputová e da alcuni rappresentati del governo slovacco. L’atmosfera accogliente e festosa all’aeroporto ha sicuramente impressionato il papa, che a una Čaputová preoccupata per la pesantezza dei vari spostamenti (da Roma a Budapest e poi da Budapest a Bratislava, tutto in poche ore) ha risposto “Mi sento ringiovanito; questo viaggio mi dà molta energia”. La presidentessa slovacca ha poi espresso la speranza che questa visita del pontefice possa portare unità e serenità nel paese in questo periodo di sofferenza e divisione.
Da quando infatti la Conferenza episcopale locale ha iniziato a lavorare all’organizzazione dei vari appuntamenti cui presenzierà papa Francesco in questa sua tre-giorni slovacca, non sono mancate polemiche a livello politico: la sensazione è che ci fosse molto opportunismo e molta demagogia dietro le proteste di molti esponenti politici per le misure inizialmente previste dall’organizzazione. Il punto di discordia principale, al di là dell’obbligo di registrazione per chi desiderasse partecipare agli eventi pubblici previsti a Bratislava, Prešov, Košice e Šaštín, stava nell’obbligo per i partecipanti di aver completato il ciclo vaccinale anti-Covid-19. Se da una parte il partito dei cattolici Kdh (al momento senza rappresentanza parlamentare) ha chiesto ragionevolmente di poter concedere l’accesso alle stesse condizioni del green pass, quindi anche con tampone negativo o guarigione da Covid nei 180 giorni precedenti, dall’altra partiti che si trovano attivamente all’opposizione hanno cercato di trasformare la visita papale in un momento di imbarazzo per l’attuale governo, di fatto politicizzando la questione degli accessi e parlando di “discriminazione” da parte del governo. In ogni caso, gli organizzatori hanno mostrato il giusto grado di flessibilità, aprendo le porte anche a chi presenterà tampone negativo di max. 48 ore o certificato di guarigione nei sei mesi precedenti.
I media cattolici slovacchi vedono in questa visita del papa un’opportunità e al tempo stesso una sfida; la percezione generale dei fedeli, infatti, è che Francesco sia un papa un po’ troppo “liberale”, un termine che potremmo tradurre con “progressista”. Sotto questo aspetto sarà particolarmente importante seguire l’incontro di Francesco con la comunità Rom martedì 14 a Košice. L’integrazione dei Rom è da sempre un problema in Slovacchia, e non è quindi difficile identificare questo incontro come il punto più delicato dell’intero viaggio apostolico.
Più in generale, la partecipazione del papa a incontri ecumenici come quello di ieri con la comunità protestante slovacca, o la Messa con i fedeli di rito bizantino prevista sempre per martedì 14 a Prešov, servirà a cementare l’immagine di Francesco come “uomo del dialogo” e dell’unità nella diversità.
Al termine della visita, mercoledì 15 settembre, festa della Vergine Addolorata, patrona della Slovacchia, la Messa nella Basilica patronale di Šaštín chiuderà ufficialmente la visita apostolica di Francesco: a quel punto sarà possibile dare una lettura ragionata di quanto vissuto in questi giorni. Il papa stesso ha detto chiaramente di ritenere molto importante questo viaggio: quella Chiesa aperta agli ultimi, di cui parlò dall’inizio del pontificato, passa anche attraverso il rapporto con un piccolo paese come la Slovacchia.
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