Da alcune domeniche la liturgia ha preso di mira una delle tentazioni più insidiose tra gli uomini: il potere. Dapprima Pietro che, quando Gesù rivela il destino di rifiuto e passione che lo attende, si mette di traverso improvvisandosi tutore di Cristo. Viene subito rimesso al suo posto con una delle frasi più dure mai pronunciate dal Signore: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33). Poi è la volta degli altri che, mentre sono in cammino verso Cafarnao, vengono smascherati dal Maestro circa i loro discorsi: “Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande” (Mc 9,34). Infine Giovanni, il discepolo che Gesù amava, viene corretto nel suo eccesso di zelo che traspare da ciò che dice: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva” (Mc 9,38).
Un’escalation di fatti che mostrano quanto sia facile accontentarsi delle briciole, anziché vivere all’altezza del nostro desiderio. Ci si preoccupa di capire chi comanda, chi va accolto e chi va rifiutato, chi deve salire in cattedra per insegnare agli altri e chi deve eseguire… La dinamica del potere si nutre di queste logiche, con continue ondate di democraticismo che non risparmiano neppure la Chiesa. Intanto la vita scorre inesorabile e si rischia di perderla vivendo.
Nel vangelo di domenica prossima Gesù mostra la chiave per entrare nel cuore della tentazione del potere: la sponsalità. Papa Francesco ha descritto questa dinamica in modo efficace durante la conferenza stampa sull’aereo, di ritorno dal viaggio apostolico in Lussemburgo, lo scorso 29 settembre. Una giornalista domanda: “Dopo l’incontro a Lovanio, è stato diffuso un comunicato nel quale l’università cattolica ‘deplora le posizioni conservatrici espresse da Papa Francesco sul ruolo della donna nella società'”. Risponde il Papa: “Questo documento è stato fatto nel momento in cui parlavo, è stato ‘pre-fatto’, e questo non è morale. Io parlo sempre della dignità della donna e dico una cosa che non posso dire agli uomini: la Chiesa è donna. Maschilizzare la Chiesa, maschilizzare le donne non è umano, non è cristiano. Il femminile ha la sua forza. Anzi, la donna – lo dico sempre – è più importante degli uomini, perché la Chiesa è donna, la Chiesa è sposa di Gesù. Se questo a quelle signore sembra conservativo, io sono Carlo Gardell. Non si capisce. Io vedo che c’è una mente ottusa che non vuol sentire parlare di questo. La donna è uguale all’uomo, anzi, nella vita della Chiesa la donna è superiore, perché la Chiesa è donna. Sul ministero è più grande la misticità della donna che il ministero. C’è un grande teologo che ha fatto studi su questo: chi è più grande, il ministero petrino o il ministero mariano? È più grande il ministero mariano perché è un ministero di unità che coinvolge, l’altro è ministero di conduzione. La maternalità della Chiesa è una maternalità di donna. Il ministero è un ministero molto minore, dato per accompagnare i fedeli, sempre dentro la maternalità. Vari teologi hanno studiato questo e dire questo è una cosa reale, non dico moderna, ma reale. Non è antiquato. Un femminismo esagerato che vuol dire che la donna sia maschilista non funziona. Una cosa è il maschilismo che non va, una cosa è il femminismo che non va. Quello che va è la Chiesa donna, che è più grande del ministero sacerdotale. E questo non si pensa alle volte”.
Il grande teologo Hans Urs Von Balthasar aveva sviluppato a lungo questa dinamica del “principio mariano” nella Chiesa, arrivando ad affermare che “Maria è la ‘Regina del Apostoli’ senza rivendicare per sé i poteri apostolici. Lei possiede altro e molto di più” (H.U. von Balthasar, Neue Klarstellungen, trad. ital., Milano 1980, p. 181).
Proponendo la via sponsale, con tutta la portata della sua indissolubilità, Cristo svela che solo l’amore è in grado di vincere il potere o meglio, che l’amore è il vero potere. Quante discussioni inutili, quante puntigliose prese di posizione, quante battaglie ideologiche sul nulla, se non si parte da Maria. Trascurato dai più e snobbato da chi dovrebbe approfondirlo, il principio mariano resta la chiave di volta per capire la natura della Chiesa e viverne l’esperienza reale.
Lo ribadì anche Benedetto XVI nel concistoro del 25 marzo 2006: “Tutto nella Chiesa, ogni istituzione e ministero, anche quello di Pietro e dei suoi successori, è ‘compreso’ sotto il manto della Vergine, nello spazio pieno di grazia del suo ‘sì’ alla volontà di Dio”. Spesso si invoca la Vergine con un alone di devota riverenza, invece qui appare chiaro che c’è molto di più in gioco. Speriamo che non continui a essere solo il Papa a ricordarlo, ma che divenga metodo per dedicare riflessioni e azioni a ciò che veramente conta, e non alle solite beghe che non hanno altra prospettiva se non l’inconsistenza delle briciole di chi è preoccupato di capire “chi è il più grande”.
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