Il Meeting di Rimini si conferma un concentrato di idee, suggestioni, spunti di riflessione, opportunità di approfondimento, inviti all’azione. Quest’anno, poi, alla vigilia delle elezioni più pazze del secolo, la sfilata di politici, amministratori, imprenditori, accademici e pensatori – culminata con l’applauditissimo intervento del presidente del Consiglio uscente Mario Draghi – ha influenzato l’agenda mediatica del Paese con una visibilità che ha particolarmente premiato l’impegno degli organizzatori.



Tra i tanti argomenti affrontati e rilanciati da giornali e tivvù – sempre nel segno del tema generale della rassegna ispirata a “Una passione per l’uomo” – ce n’è almeno uno, tuttavia, che avrebbe meritato maggiore attenzione: l’annuncio da parte di Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, di un imminente pronuncia del Papa sui temi dell’economia perché, l’assunto di base, le cose non stanno andando affatto bene e ci vuole una forte scrollata a Governi e decisori del mondo.



Zamagni ha parlato all’interno di un panel sulla crisi alimentare, attuale e potenziale, e sui possibili rimedi da approntare perché si scongiurino le peggiori previsioni – fame, carestie – tenuto conto del forte aumento previsto della popolazione globale e della prevedibile spinta migratoria che questi processi sono in grado di attivare. Una bomba per la comunità che sarebbe bene disinnescare prima che la sua deflagrazione produca danni che sarà difficile se non impossibile cancellare.

Dunque, papa Francesco ha intenzione di far sentire presto la sua voce e per costruire il messaggio – secondo le anticipazioni ascoltate al Meeting – si rifarà al concetto delle “strutture di peccato” che affonda le radici nell’enciclica Populorum progressio di Paolo VI per germogliare nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II e fruttificare con Bergoglio nella fortunata Laudato si’ che esplora i campi ancora poco arati dell’ambiente e dell’ecologia. Di che cosa si tratta? A quali principi si riferisce Zamagni?



Le “strutture di peccato” sono in parole semplici quelle matasse di regole che inducono a comportarsi male – a peccare, appunto – per come sono costruite male. E papa Francesco le regole del gioco economico e sociale le vorrebbe cambiare completamente non accontentandosi più dei ritocchi e le compiacenze che fanno parte del bagaglio del capitalismo compassionevole. Quel capitalismo che cerca di farsi accettare attraverso la concessione ai più deboli – agli sconfitti del mercato – di aiuti e sostegni.

E sono principalmente quattro le “strutture di peccato” sulle quali occorre intervenire per costruire una società più giusta e solidale, in grado di assorbire davvero quelle enormi disuguaglianze tra ricchi e poveri che sono l’espressione peggiore delle istituzioni economiche messe al servizio dei più forti, dei vincenti, di quelli che hanno migliorato le proprie condizioni di vita attraverso le crisi che hanno funestato il pianeta.

Al primo posto c’è l’impianto fiscale che premia i patrimoni a dispetto del reddito. Al secondo, la cultura della rendita che mortifica profitti e salari esaltando una finanza fine a se stessa e per questo distruttiva. Al terzo, le leggi che consentono di avere una crescita senza lavoro con macchine che sostituiscono l’uomo anche quando sarebbe possibile evitarlo. Al quarto, il sistema che accetta metodi di produzione nemici dell’ambiente e degenerativi del clima con conseguenze devastanti per la Terra e i suoi abitanti.

Ecco, se l’accenno a un prossimo pronunciamento del Papa fatto al Meeting di Rimini da uno dei suoi più stretti collaboratori è stato colto nel modo giusto avremo a breve nuovi stimoli per correggere “le strutture di peccato” che – in buona fede o meno – impediscono la formazione di società aperte e inclusive, capaci di premiare il merito e di essere generose con il bisogno, amiche dell’ambiente e rispettose delle future generazioni. Solo che questa volta la richiesta non sarà di aggiustamenti, ma di riforme radicali.

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