Gentile direttore,
scrivo in merito al recente viaggio del Santo Padre in Lussemburgo e Belgio (26-29 settembre). Diversi sono i punti che mi preme sottolineare: da un lato la visita del Pontefice, in risposta all’invito dell’Università Cattolica di Lovanio per i 600 anni dalla fondazione, sembra essere passata quasi sottotraccia. Non sembra infatti che nei due Paesi in questione ci siano state particolari dimostrazioni d’affetto nei confronti della venuta del Vicario di Cristo (e come contrasta questo con il recente viaggio in Oriente – Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste, Singapore – di inizio settembre!). Questo evidentemente non è da imputare a colpe specifiche del Papa, piuttosto fa intuire come la secolarizzazione e il relativismo più volte denunciati dai Pontefici, compreso il regnante, siano ormai il “clima culturale” dell’Europa, o almeno di una sua parte.



“La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell’umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana” (Benedetto XVI, 8 marzo 2008). Va ricordato che proprio Bruxelles è il centro del potere delle istituzioni europee.



Periferie e centro: nel mese di settembre entrambe queste “zone” sono state protagoniste e si è vista una certa differenza.

Sembra interessante notare anche come la persecuzione “educata, travestita di cultura, modernità e progresso” (Francesco, meditazione, 12 aprile 2016) dei Paesi più moderni, o di alcuni di questi, sia emersa anche nei confronti del Pontefice, attaccato ancora prima di finire di dare una risposta ai quesiti più “progressisti” da parte della stessa Università Cattolica di Lovanio (“L’Università deplora le posizioni conservatrici espresse da Papa Francesco sul ruolo della donna nella società”). A tal proposito, verrebbe da chiedersi che risposta ci si poteva immaginare dal Santo Padre che, nel merito della questione sull’ordinazione femminile, ha sempre risposto richiamando l’Ordinatio sacerdotalis di san Giovanni Paolo II (“Dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”, n. 4), esplicitando tale concetto nel documento programmatico del suo pontificato, l’Evangelii Gaudium (“Il sacerdozio riservato agli uomini, come segno di Cristo Sposo che si consegna nell’Eucaristia, è una questione che non si pone in discussione”, n. 104).



Come se non bastasse, anche il Governo belga ha voluto esprimere il proprio dissenso, convocando il nunzio apostolico a seguito delle parole del Santo Padre. Diplomaticamente si tratta di un segnale fortissimo, che evidenzia ancora di più quanto le parole del Papa non siano state gradite e messe anzi sotto accusa. Da un “semplice”, per quanto grave e inappropriato, comunicato dell’ateneo, una questione che pur avendo risvolti pubblici si potrebbe comunque definire “interna” all’Università stessa e alla Santa Sede, si è passati ad un problema riguardante i rapporti tra due cancellerie, e questo solo perché il Papa ha espresso il pensiero della Chiesa su alcune tematiche, tra le quali la questione dell’aborto. Emblematica, ma non certo criticabile, la visita alla tomba di re Baldovino, lodato pubblicamente per la sua abdicazione temporanea (1990) pur di non firmare una legge pro-aborto che l’ha legalizzato fino alla dodicesima settimana (in questo periodo in Belgio si discute di ampliarlo fino alla diciottesima).

Rimane altresì interessante considerare come la stampa, dopo la conferenza del viaggio di ritorno, abbia dato risalto specificatamente alle parole pronunciate da Papa Francesco sullo stesso tema, andando a cercare una notizia che non c’è: le stesse espressioni sono già state usate più volte dal Pontefice.

Concludendo, dopo la visita apostolica e l’aggressione al Papa per le sue parole sia dall’esterno che, soprattutto, dall’interno, ci si potrebbe retoricamente chiedere se, dopo la commovente attenzione alle periferie di questo pontificato (emblematica l’apertura della Porta Santa a Bangui nel 2016 all’inizio del Giubileo della Misericordia), sia diventato il centro la nuova terra di missione.

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