Le dichiarazioni rese da Papa Francesco sull’Ucraina nell’intervista a Rsi infiammano il dibattito internazionale. Al netto di pregiudizi e congetture, il pontefice non vuole una resa di Kiev secondo Antonello De Oto, professore ordinario di Diritto ecclesiastico italiano e comparato e di Diritto delle religioni e interculturale all’Università di Bologna. «Ha solo sottolineato che, se questa mai dovesse avvenire, non sarebbe un disonore. Il grande e libero popolo di Ucraina soffre da anni sotto i bombardamenti russi e stringe i denti in linea al fronte. Il Pontefice lo vede e non è estraneo a questa grande sofferenza», ha dichiarato a Quotidiano Nazionale.
Le parole di Bergoglio non vanno interpretate, dunque, come un colpo di grazia alla resistenza ucraina. «Per nulla, chiedere la pace non vuole dire invocare la resa». Del resto, è normale che un Papa voglia favorire i negoziati di pace ed evitare ulteriori massacri. «Sono due anni che Bergoglio lavora per i negoziati. La missione del cardinale Matteo Zuppi ne è una concreta testimonianza». Per tutti questi motivi, per il professor Antonello De Oto non è stato commesso un errore.
“PAPA HA SOLO RICORDATO IL VALORE DELLA PACE E IL CORAGGIO DI NEGOZIARE”
«I Pontefici non devono mai cessare di predicare il messaggio di Cristo che è funzionale alla pace – dichiara il giurista Antonello De Oto -. La Santa Sede con la sua neutralità strutturale costituisce una ricchezza e una possibilità sempre aperta per gli Stati di trovare una soluzione ai conflitti. Si pensi al suo ruolo nella decennale crisi fra Stati Uniti e Cuba». L’intervista di Bergoglio arriva in un momento in cui «l’Ucraina è al limite delle forze», mentre «la Russia sta premendo ancora sull’acceleratore della guerra». Uno scenario che «dopo la caduta di Avdiivka peggiora esponenzialmente».
Ma non anche per le parole di Papa Francesco, precisa il professor De Oto al Quotidiano Nazionale: «Lui non è parte di questa accelerazione. Ha solo ricordato il valore della pace e il coraggio di negoziare anche quando è odioso, essendoci un aggredito ed un aggressore». Infine, il giurista non ritiene che le dichiarazioni del Santo Padre rischino di fomentare la retorica filoputiniana e dei pacifisti senza se e senza ma: «Non penso, i fatti rimangono molto chiari a tutti. L’Ucraina è il Paese aggredito. Questo dato non potrà essere alterato da nessun esercizio retorico filoputiano. E l’Occidente non abbandoni Kiev».