L’intervista a Stefano Caprio uscita ieri su queste pagine contiene una spiegazione pressoché esauriente delle scelte intraprese dal Vaticano, cioè della Chiesa cattolica, a proposito della guerra in Ucraina.

È evidente che la Santa Sede non ha nessun peso dal punto di vista militare: le guardie svizzere sono un corpo d’élite, ma in un campo ben diverso da quello della Wagner.



C’è un aspetto della vicenda, a cui padre Caprio accenna acutamente, in cui il Vaticano può, alla lunga, giocare un ruolo molto importante. La Chiesa in quanto cattolica, cioè “una” e universale come è stata fin dal principio, non si concepisce come legata ad una nazione o a una cultura particolare. È la Chiesa dell’Europa e dell’America, dell’Asia e dell’Africa, senza dimenticare l’Oceania e il Polo Sud.



Del resto proprio quel grande papa che è stato san Giovanni Paolo II, parlando dell’Europa, arrivò a spiegare che l’Europa ha due polmoni, uno quello dell’Ovest, l’altro quello dell’Est.

È questa una visione dell’Europa incompatibile con quella di Aleksandr Dugin e altri come lui, che presenta una contrapposizione insanabile tra il mondo euroasiatico, guidato dalla Russia, e quello occidentale, guidato dagli Stati Uniti.

A questo proposito, partecipando a Roma ad una conferenza stampa organizzata dall’ambasciata del Kazakhstan, feci a Dugin la domanda dove dovrebbe posizionarsi l’Europa nella sua visione politica. Mi rispose – amichevolmente, perché avevo pubblicato qualche articolo su un suo periodico – che all’Europa non restava che scegliere: o con noi o con gli Usa.



L’attuale situazione in Ucraina ripropone in termini drammatici la questione.

Proprio in questo senso la missione del Vaticano, radicato storicamente in Europa e in quello che la Russia giudica l’Occidente, ma assolutamente, evidentemente non succube della politica dei Paesi occidentali, dimostra che esiste chi rifiuta una visione fondata su contrapposizioni insanabili nel mondo.

La presenza minoritaria ma viva dei cattolici, non solo nelle nunziature ma dentro i Paesi “russi”, gente che si riconosce pienamente nella tradizione di questi Paesi, ma non per questo è schiava delle politiche dei loro governi, è l’esempio più chiaro di quello che dico.

La Santa Messa celebrata dal card. Matteo Zuppi insieme all’arcivescovo Paolo Pezzi nella cattedrale di Mosca è la prova che anche lì esiste un popolo che non si sente straniero, ma che nondimeno non si sente necessariamente ostile ad altri.

In una situazione come quella attuale, dove anche da noi la democrazia rischia di trasformarsi in uno scontro tra fazioni, anche fra interessi particolari, la scelta della vecchia Chiesa cattolica, con tutti i suoi problemi ma anche con l’aiuto costante di quell’agente segreto speciale che si chiama Spirito Santo, forse andrebbe maggiormente studiata e apprezzata.

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