Provocato da chi lo intervistava a dare un giudizio sulle prossime elezioni negli Stati Uniti, papa Francesco ne ha dato uno così negativo che neanche Che Guevara avrebbe osato dire: “entrambi i candidati sono contro la vita” e poi “si deve scegliere il male minore”.

Ad uno ha dato la colpa di non accogliere i migranti che vorrebbero una vita migliore, all’altra di non accogliere i bambini che vorrebbero nascere, cioè semplicemente almeno vivere. E così ha lasciato una lezione per tutti.



Innanzitutto per la sinistra, impegnata a sostenere la Harris e il “politically correct” americano come nuovo esempio a cui ispirarsi dopo che si sono abbandonati gli ideali storici del movimento operaio per gettarsi nelle braccia del nemico di sempre. Non più “gringos”, cioè quella forma contratta “green go home”, cioè “verdi a casa”, che ricordava il fatto che per la prima volta nella guerra a Puerto Rico l’esercito americano aveva abbandonato le tradizionali divise blu per indossare quelle più mimetiche verdi; e nemmeno più boicottaggio dei prodotti americani. Ma libero sfogo all’esaltazione di quegli artisti che si pronunciano (come se non lo avessero già fatto) per la candidata democratica.



Ma nemmeno la destra neo-trumpiana può certo godere delle simpatie di papa Francesco, come già altre volte si è già dimostrato. Se qualche anno fa sembrava prevalere la proposta di “aiutarli a casa loro”, progetto approvato anche dal papa come ovviamente dai molti missionari preoccupati che certi Paesi perdano le forze più giovani e più vive della società, oggi sembra prevalere la necessità di chiudere il più possibile le frontiere, e basta. Magari teniamoci quelli utili, quelli bravi, ad esempio quelli che ci fanno vincere tante medaglie alle olimpiadi.

Non è che questi giudizi possano lasciare tranquilli anche noi cattolici, americani compresi.



Come mai, al di là di un sistema politico sempre più bipolare che lascia poco spazio a chi non si schiera per l’uno o per l’altro, non si riesce ad ottenere un riconoscimento sociale del grande lavoro che si fa nel campo della sussidiarietà? Possibile che in questa mitica lotta per i diritti spesso ci si fermi alle questioni di principio senza valorizzare adeguatamente le opere che da quei principi sono già nate, e in diversi casi vivono da anni? A volte sembrerebbe che queste opere debbano sostenere i politici piuttosto che non viceversa.

Nelle affermazioni del papa, che comunque, è bene ricordarlo, non sono definizioni dogmatiche ex cathedra, ce n’è anche per lui medesimo, che del resto spesso ha ammesso di essere – come noi – uno che sbaglia, anzi il primo peccatore.

Caro papa – “caro” non per modo di dire – in questi anni sei entrato più volte, in gergo calcistico si direbbe anche a gamba tesa, in molte questioni sociali. Ebbene, perché oltre ai tuoi richiami non proponi, anche con una certa fermezza, gli esempi a cui accennavo prima?

Stanchi di scegliere il male minore, qualche volta vorremmo incominciare a scegliere il bene possibile.

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