Si è da poco concluso il terzo evento globale di Economy of Francesco. Un percorso iniziato nel 2019, quando il Papa scrisse una lettera rivolta ai giovani economisti e imprenditori per convocarli ad Assisi: un invito a impegnarsi per la creazione di una “nuova economia” ispirata a san Francesco.
Dal 22 al 24 settembre, giovani da tutto il mondo si sono radunati nella città del Santo. Un programma ricco e variegato, che ha visto alternarsi assemblee plenarie, seminari, momenti di dialogo con economisti di fama mondiale e incontri di lavoro dei 12 villaggi tematici in cui si è strutturato il percorso.
Il momento centrale dell’evento è stato l’intervento di Papa Francesco, che si è recato personalmente ad Assisi nella giornata conclusiva dei lavori. Un discorso ampio e articolato, che ha illustrato i punti cardine di questa nuova economia e suggerito indicazioni di percorso ben chiare. Parole che, pronunciate alla vigilia del voto elettorale, hanno assunto un peso ancora maggiore. Desidero fissare in questa sede alcuni passaggi chiave, che credo possano aiutare a comprendere che cosa sia questa “nuova economia ispirata a Francesco di Assisi”.
“Voi dovete riprendere l’attività economica dalle radici, dalle radici umane, come sono state fatte”, ha esordito il Pontefice. “Siete chiamati a diventare artigiani e costruttori della casa comune, una casa comune che sta andando in rovina. […] Si tratta di trasformare un’economia che uccide in un’economia della vita”.
Sin dall’inizio emergono due elementi preziosi: l’economia ha radici umane ed è fatta per favorire la vita. Riecheggia in queste parole l’espressione “economia umana” tanto cara all’economista Giuseppe Toniolo, come l’omonimo saggio di Domenico Sorrentino testimonia. Un’economia a cui il Papa associa un’altra dimensione originale, la dimensione profetica: “Un’economia che si lascia ispirare dalla dimensione profetica si esprime oggi in una visione nuova dell’ambiente e della terra. […] Bisogna mettere in discussione il modello di sviluppo”. L’attenzione alla terra e alla natura intera è un’urgenza più volte manifestata da Francesco durante il suo pontificato, a cominciare dall’enciclica Laudato si’. Questo può apparire un richiamo esclusivamente etico, ma c’è in esso un preciso valore economico.
È interessante, ancora una volta, legare queste parole al pensiero economico di Giuseppe Toniolo, che identifica la natura come uno dei tre fattori di produzione chiave insieme al lavoro e al capitale. I modelli dell’economia capitalistica, invece, si limitano a considerare solo il lavoro e il capitale, ignorando il valore della natura e trascurandone per questo la salvaguardia. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: “Il paradigma economico del Novecento ha depredato le risorse naturali e la terra”. Nel nuovo modello di sviluppo occorre dunque ritrovare quell’armonia tra capitale, lavoro e natura già teorizzata da Toniolo come condizione essenziale per un sistema produttivo sano.
Segue poi un affondo sul concetto di sostenibilità, “una parola a più dimensioni”. Oltre a quella ambientale, il Papa menziona la dimensione sociale, relazionale e spirituale. La dimensione sociale “incomincia lentamente ad essere riconosciuta: ci stiamo rendendo conto che il grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso grido. Mentre cerchiamo di salvare il pianeta, non possiamo trascurare l’uomo e la donna che soffrono”. C’è anche una “insostenibilità delle relazioni”, per cui “le comunità diventano sempre più fragili e frammentate. […] Le solitudini sono un grande affare nel nostro tempo e si genera una carestia di felicità”. L’ultimo rapporto Istat sulle Previsioni della popolazione residente e delle famiglie non fa altro che confermare questo fenomeno (10 milioni di persone in Italia vivono sole). Le relazioni sociali sono dunque un altro fattore essenziale di questo nuovo modello economico. Una concezione dell’uomo come essere relazionale che supera il riduzionismo antropologico su cui si è fondato il paradigma dell’homo oeconomicus cuore del modello neoliberista.
Infine, c’è una insostenibilità spirituale. “L’essere umano, prima di essere un cercatore di beni è un cercatore di senso. Ecco perché il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché è quello che ci dà ragioni per alzarci ogni giorno al mattino e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia. La tecnica può fare molto; ci insegna il cosa e il come fare: ma non ci dice il perché”. Il concetto di capitale spirituale come sorgente di valore economico è un ulteriore elemento di assoluta originalità. Si parla di capitale materiale, immateriale, umano, sociale, culturale, ma non di quello spirituale, considerato dal Papa il “primo” di ogni società.
Fare un’economia ispirata a Francesco di Assisi “significa impegnarsi a mettere al centro i poveri. […] Un’economia di Francesco non può limitarsi a lavorare per o con i poveri. Fino a quando il nostro sistema produrrà scarti, saremo complici di un’economia che uccide”. Il Papa manifesta ancora una volta l’urgenza di ridurre le miserie e le disuguaglianze, proponendo una strada: seguire il modello della prima economia di mercato nata nel Duecento in Europa dal contatto tra i frati francescani e i primi mercanti. Un’economia che “creava ricchezza senza disprezzare la povertà”. Sono parole che ben riflettono il contesto attuale, se si considera che, come un recente studio di Credit Swisse documenta, nel 2021 la quota di ricchezza nelle mani dell’1% della popolazione più ricca è cresciuta al 45,6%. Circa metà della ricchezza mondiale è nelle mani di questo 1%. Un fatto a dir poco sconcertante.
In chiusura, tre indicazioni di percorso: guardare il mondo con gli occhi dei poveri; non dimenticarsi del lavoro e dei lavoratori; unire al linguaggio del pensiero e del cuore quello delle mani (incarnazione). “La Chiesa ha sempre respinto la tentazione gnostica, che pensa di cambiare il mondo solo con una diversa conoscenza, senza la fatica della carne. […] Cari giovani, la realtà è sempre superiore all’idea”. Realismo: la premessa su cui l’economia deve fondarsi.
È un discorso che manifesta tutta la stima che il Papa nutre per l’economia, tanto da impegnarsi in prima persona per la sua cura e la sua evoluzione. Ne riconosce il valore, la missione, e proprio per questo non ha paura di evidenziarne i limiti e di proporre soluzioni. Un pensiero che si potrebbe sintetizzare con queste parole dell’economista e presidente del Consiglio Luigi Luzzatti: “Il metodo adoperato da San Francesco d’Assisi, fra tanto contrasto di classi, di partiti, d’interessi, sarà sempre il più fecondo!”. Un grande aiuto per chiunque sarà chiamato a governare questo Paese e non solo.
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