Martirologio Romano: “A Roma, sant’Aniceto papa, della cui fraternità godette l’insigne ospite san Policarpo, quando venne per discutere insieme con lui la determinazione della data della Pasqua”.
Come osserva Francesco Scorza Barcellona nella Enciclopedia dei Papi, secondo Eusebio di Cesarea Aniceto sarebbe succeduto a Pio I nel 157, e avrebbe tenuto l’episcopato per undici anni fino al 168. Queste datazioni non concordano con quelle della tradizione romana. Nel Catalogo Liberiano l’episcopato di Aniceto è posto tra il 150 e il 153, ma la notizia precede quella su Pio I, il cui episcopato è datato tra il 146 e il 161. La stessa posizione rispetto a Pio I, e le stesse date, si leggono nella prima redazione del Liber pontificalis, come si ricostruisce dai compendi cononiano e feliciano, ma all’episcopato di Aniceto si attribuisce la durata di undici anni, quattro mesi e tre giorni dal 150 al 153, in evidente contraddizione con le date di accesso e di morte. La stessa durata e le stesse date si leggono nella seconda redazione del Liber pontificalis, in cui però Aniceto segue Pio. I dati del Liber pontificalis corrispondono a quelli di Eusebio relativamente alla durata dell’episcopato di Aniceto e al posto che Aniceto ha rispetto a Pio I, in conformità con le liste di Ireneo e di altri cataloghi del V secolo, anche contro la testimonianza di Ottato di Milevi e di Agostino.
Scrive Barcellona che a quanto riferisce Eusebio di Cesarea, l’episcopato di Aniceto sarebbe stato un periodo in cui si trovano o arrivano a Roma varie personalità coinvolte in dibattiti teologici. Valentino avrebbe terminato a Roma la sua attività durante l’episcopato di Aniceto e nella stessa epoca Giustino avrebbe avuto il suo apogeo, evidentemente a Roma, se vi subì il martirio nel 165 o in ogni caso tra il 163 e il 167; ancora, sotto Aniceto sarebbe giunto a Roma lo storico Egesippo, per restarvi, secondo la sua espressa testimonianza, fino ad Eleuterio. Eusebio si rifà alla testimonianza di Ireneo a proposito della venuta a Roma del vescovo Policarpo di Smirne sotto Aniceto per ricondurre in seno alla Chiesa molti eretici seguaci di Valentino e di Marcione, e della discussione con Aniceto relativamente alla questione della data della Pasqua.
Non si hanno elementi per stabilire la data del viaggio di Policarpo a Roma. Quella che si è sempre proposta, il 154, è l’ultima possibile se si pone il martirio di Policarpo nel febbraio del 155: essa presuppone però l’accesso di Aniceto anteriormente alla data del 157 documentata da Eusebio, contraddicendo anche la data di morte di Aniceto nel 153 secondo il Liber pontificalis. Si deve ricordare d’altra parte che non si è del tutto sicuri della data del martirio di Policarpo, che è stato anche posto nel 167 o in ogni caso tra il 155 e il 177: per cui l’incontro tra i due vescovi potrebbe essere avvenuto anteriormente, o anche più tardi del 154.
L’Enciclopedia dei Papi si sofferma sull’incontro tra Aniceto e Policarpo: “Il testo sull’incontro tra Aniceto e Policarpo è tratto da una lettera di Ireneo a papa Vittore, il quale sembra volesse uniformare le Chiese d’Asia, che celebravano la Pasqua il quattordicesimo giorno del mese di nisan secondo il calendario giudaico, alla prassi liturgica delle altre Chiese, compresa quella di Roma, che la celebravano esclusivamente nel giorno della domenica successiva; Ireneo riferisce che anche Aniceto, come i suoi immediati predecessori a partire da Sisto I, non impose il suo uso liturgico a quanti si attenevano a quella tradizione, mantenendo con loro la pace. Ireneo informa poi che Aniceto e Policarpo, durante il soggiorno di quest’ultimo a Roma, nonostante alcune divergenze su altre questioni di poca importanza, non ruppero la pace e a proposito della Pasqua non ebbero più a discutere: Aniceto non poteva convincere Policarpo a non osservare la tradizione che risaliva a Giovanni e agli apostoli che avevano vissuto con lui, e Policarpo non tentò di convincere Aniceto a seguire l’uso delle Chiese d’Asia, dicendo che doveva attenersi alla tradizione dei suoi predecessori; così mantennero la comunione tra di loro, e in segno di rispetto Aniceto cedette in chiesa la presidenza dell’eucaristia a Policarpo; si lasciarono poi nella pace, mantenendola nella Chiesa indipendentemente dalle tradizioni pasquali che si seguivano”.
Il Liber pontificalis aggiunge alle indicazioni cronologiche su Aniceto poche altre notizie prive di riscontro: Aniceto sarebbe stato siro, originario di Emesa, l’attuale Homs (“de vico Humisa”: in realtà la città, metropoli della provincia “Phoenicia Libana”, doveva essere ben più consistente di un “vicus”), figlio di Giovanni; avrebbe ordinato diciannove presbiteri, quattro diaconi e nove vescovi, avrebbe disposto che “secundum praeceptum apostoli” il clero non portasse i capelli lunghi, sarebbe morto martire (notizia mancante nella prima redazione), e sarebbe stato sepolto il 20 aprile nel cimitero di Callisto, mentre nella prima redazione si ricorda la sua sepoltura presso san Pietro nel cimitero vaticano. Alla sua morte sarebbe seguito un periodo di diciassette giorni di sede vacante.
La proibizione al clero di portare i capelli lunghi è attestata solo a partire dall’epoca di Girolamo: il riferimento al precetto apostolico rinvia probabilmente a 1 Corinzi 11, 14, in cui Paolo afferma essere disdicevole per un uomo lasciarsi crescere i capelli. Relativamente alla sepoltura di Aniceto è preferibile la lezione della prima redazione del Liber pontificalis, non tanto per uniformità con l’analoga notizia sulla maggior parte dei vescovi che lo precedono: all’epoca di Aniceto infatti non esisteva ancora il cimitero di Callisto sulla via Appia, e il nome di Aniceto non compare nelle antiche liste di papi che vi si ritenevano sepolti.
Ad Aniceto è attribuita una delle decretali pseudoisidoriane. La commemorazione di Aniceto compare per la prima volta nel Martyrologium di Adone alla data del 17 aprile, ed è passata nel Martyrologium Romanum alla data del 20 aprile; nel 1969 è stata espunta dal Calendarium Romanum perché inserita tardivamente nei martirologi, oltre al fatto che non ci sono ragioni per considerare Aniceto un martire, e che si ignora la data della sua morte.
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