Secondo la breve notizia del Liber pontificalis, Felice era romano e figlio di un Costanzo. Fu vescovo di Roma dopo Dionigi, e il Catalogo Liberiano (la lista dei papi fino a Liberio contenuta nel Cronografo del 354 e utilizzata poi dal Liber pontificalis) assegna al suo episcopato una durata di cinque anni, undici mesi e venticinque giorni al tempo degli imperatori Claudio e Aureliano, dal consolato di Claudio e Paterno fino a quello di Aureliano e Capitolino, quindi probabilmente tra il 5 gennaio 269 e il 30 dicembre 274. Nulla si sa della sua vita precedente e ben poco del suo stesso pontificato.
Vescovo di Antiochia dal 260, Paolo di Samosata venne presto accusato da una parte della comunità cristiana locale per la sua condotta di vita troppo sfarzosa e mondana, per sconcertanti innovazioni liturgiche e disciplinari, ma soprattutto per le sue opinioni dottrinali considerate poco ortodosse. Dopo un concilio che nel 264 si riunì senza esito ad Antiochia, un altro concilio antiocheno tenutosi nel 268 depose Paolo, lo sostituì con Domno e informò dei fatti il vescovo di Roma Dionigi e quello di Alessandria Massimo. La lettera, in buona parte conservata da Eusebio, arrivò a Roma quando, dopo la morte di Dionigi, già era stato eletto come suo successore Felice.
Certamente non autentiche e confezionate invece nell’alto Medioevo (quando furono inserite nelle decretali pseudoisidoriane, raccolte di testi canonistici che si voleva risalissero ai papi dell’epoca antica) sono altre tre lettere attribuite a Felice e indirizzate a un Paterno vescovo (su garanzie e procedure da osservare nei processi ecclesiastici e sul diritto d’appello alle sedi primaziali e a Roma), ai vescovi della Gallia (su analoghi temi nei processi contro i vescovi) e a un vescovo Benigno (contro l’opinione teologica, dichiarata erronea, dell’inferiorità del Figlio nei confronti del Padre).
Una professione di fede recante il suo nome che venne diffusa in Alessandria e fu citata da Cirillo, vescovo di quella città, durante le dispute cristologiche del V secolo, potrebbe essere un estratto di una lettera da lui inviata a Massimo di Alessandria.
La breve notizia del Liber pontificalis afferma che Felice ordinò di celebrare messe sulle memorie dei martiri. Secondo G.B. de Rossi il testo andrebbe interpretato nel senso che Felice avrebbe riservato ai soli sepolcri dei martiri il privilegio della celebrazione di messe e in questo stesso senso si spiegherebbe l’uso, iniziato appunto verso la fine del III secolo, di chiudere gli arcosoli nelle catacombe con transenne marmoree mediante le quali sarebbe stato così possibile impedire la celebrazione di messe sulle memorie di chi martire non fosse stato.
Nel Calendarium Romanum la memoria liturgica di Felice, celebrata il 30 maggio, dal 1971 è stata spostata al 30 dicembre.
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