A Roma nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria nuova, san Siricio, papa, che sant’Ambrogio loda come vero maestro, in quanto, portando il fardello di tutti coloro che sono gravati della responsabilità episcopale, li istruì negli insegnamenti dei Padri, che confermò anche con la sua autorità apostolica.

Successore di papa Damaso, Siricio resse il pontificato per quindici anni dal 384 al 399. Su questo papa ha pesato il giudizio negativo – come di persona insignificante e troppo semplice per la dignità che ricopriva – di san Girolamo, il quale era stato molto vicino al predecessore e ne aveva avuto la protezione e l’amicizia. Ma in realtà, papa Siricio spese i quindici anni del suo pontificato esercitando con dignità ed equilibrio il suo ufficio, richiamando con autorità i vescovi, specie dell’Occidente, all’osservanza delle norme canoniche e formulando chiare disposizioni di fronte alle problematiche ecclesiastiche e liturgiche del tempo.



«Nel dicembre del 384, Imerio vescovo di Tarragona si era rivolto a papa Damaso, ignorandone la morte. La lettera del vescovo spagnolo non è conservata; la risposta, da parte del nuovo papa, è datata 2 febbraio 385 ed è un documento importante per il carattere ad esso conferito da Siricio, di disposizioni da applicare in tutte le Chiese. Questa lettera infatti è entrata a far parte delle raccolte canoniche, e viene considerata del genere delle decretali, intendendo con tale termine le lettere papali con valore di normativa per la Chiesa universale o per le Chiese di vasti territori. La lettera a Imerio espone direttive su quindici argomenti di carattere disciplinare: la reiterazione del battesimo agli eretici; i giorni in cui amministrare il battesimo; la separazione degli apostati; la disciplina del matrimonio; la riconciliazione dei penitenti; i provvedimenti nei riguardi di monaci e monache inosservanti; le regole da osservare riguardo alla continenza dei chierici; le norme per l’ammissione agli ordini sacri; l’età per l’ammissione al sacerdozio; l’ordinazione di uomini di età avanzata; il divieto delle seconde nozze per i chierici; le norme per l’abitazione di donne in casa dei chierici; l’ordinazione di monaci; la non sottomissione dei chierici alla disciplina penitenziale; le situazioni che precludono l’ordinazione» (Elena Cavalcanti, Enciclopedia dei Papi, 2000).



Papa Siricio ebbe l’appoggio di sant’Ambrogio nella condanna di Gioviniano e dei suoi seguaci, che volendo opporsi all’impianto dell’ascetismo e del monachesimo orientale nella società romana, attaccavano l’istituzione stessa della vita monastica. Ambrogio convocò un sinodo a Milano in cui fu ripetuta la condanna, che poi comunicò a Siricio, del quale lodava lo zelo salutandolo come “maestro e dottore”. Siricio, fedele al suo programma di “portare il fardello di tutti coloro che sono gravati” (o piuttosto, come diceva, “è il beato Apostolo Pietro che lo porta in noi”), si adoperò come padre e servo di tutti. Il successore di Pietro porta il carico di tutti coloro che hanno problemi (“portamus onera omnium qui gravantur”), anzi è lo stesso apostolo Pietro che, nella persona del suo successore, protegge e difende la sua eredità.



Alla sua memoria fu reso un culto fin dall’antichità, ma nel Martirologio Romano il suo nome fu introdotto solo nel 1748 ad opera di Benedetto XIV.

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